venerdì 7 giugno 2019

Bianchi, maschi ed euroscettici: ecco i favoriti alla successione di Theresa May

@ - Da Boris Johnson a Jeremy Hunt e Michael Gove: i candidati avvantaggiati sono tutti molto simili, simboli di un partito conservatore tuttora inadeguato alla varietà della società contemporanea.

Dopo tre anni di molte sconfitte e poche gioie, oggi Theresa May presenterà formalmente le sue dimissioni da leader del partito conservatore e soprattutto da prima ministra britannica. Sessantadue anni, figlia di un vicario, May lascia con grande dolore la politica e il suo "lavoro a metà", e cioè quella Brexit che non è riuscita a portare a compimento dopo numerosi sforzi e lacrime, come durante il suo discorso di addio del 24 maggio scorso, in cui ribadì "il suo amore per questo Paese che ora deve affrontare una delle sfide più difficili: perché la Brexit non significa solo uscire dall'Unione Europea ma sarà qualcosa che cambierà profondamente il Regno Unito".

Ma oramai è arrivato il capolinea per Theresa May. E le sue dimissioni aprono ufficialmente anche la corsa alla sua successione nel partito conservatore e come premier del Regno Unito (se otterrà la fiducia in Parlamento). Questo perché nel sistema politico britannico è centrale il partito al potere e quando c'è una crisi di governo o il leader si dimette, è lo stesso partito, in questo caso conservatore, a decidere e proporre un nuovo leader e quindi premier. Su questo aspetto c'è sempre molta polemica, in quanto stavolta saranno circa 150mila iscritti al partito tory - in grande maggioranza bianchi, benestanti e molto conservatori - a decidere il molto probabile premier britannico al ballottaggio finale. Forse, a essere eletto da questa ristretta nicchia di popolazione sarà un leader euroscettico, sarà l'euroscettico Boris Johnson, perché il Brexit Party di Nigel Farage incombe, anche se la scorsa notte ha perso l'elezione suppletiva di Peterborough che avrebbe rappresentato il suo primo seggio in Parlamento. Ciò che accadrà dunque nel Partito conservatore nelle prossime settimane sarà fondamentale per capire che piega prenderà la Brexit.

I favoriti a conquistare l'avvelenata poltrona di Theresa May sono quattro, tutti bianchi, maschi ed euroscettici. Lo scorso maggio la premier britannica uscente, nel suo commovente discorso di addio da Downing St., aveva auspicato una terza leader donna dopo di lei e Margaret Thatcher. Ma la realtà è ben diversa. I candidati avvantaggiati sono tutti molto simili, simboli di un partito conservatore tuttora inadeguato alla varietà della società contemporanea. 

Boris Johnson: 60% di probabilità di vittoria


In prima fila tra i c'è, come risaputo, Boris Johnson, l'ex sindaco di Londra biondo platino, euroscettico di ferro, 54 anni, nato a New York come il suo ammiratore Donald Trump, ex ministro degli Esteri con May, famiglia ricca, studi a Bruxelles e poi classici "etoniani", cinque figli, due matrimoni a pezzi e un imprecisato numero di amanti. È potenzialmente il nemico numero uno dell'Unione Europea di Juncker, Tusk e Barnier. È da molti considerato il leader tory ideale - e quindi molto probabilmente prossimo premier - perché l'unico che può placare la furia del Brexit Party di Nigel Farage a destra dei conservatori. Ma Johnson è inviso a molti nel partito, dagli europeisti a quelli che non hanno mai sopportato il suo eccentrico arrivismo, ed ecco perché, per "BoJo", non è poi così scontata la conquista di Downing Street: prima di arrivare al ballottaggio con i 150mila iscritti tendenzialmente favorevoli a Johnson, c'è da passare le "qualificazioni" nelle votazioni a oltranza dei parlamentari tories. E qui ci sono molti avversari che lo vogliono politicamente morto. 
Con lui premier, l'accordo Brexit firmato da May e dall'Ue lo scorso novembre diventerà carta straccia. Johnson ne chiederà un altro senza il "backstop", la controversa clausola imposta da Bruxelles per far rimanere l'Irlanda del Nord nell'unione doganale Ue e preservare così la fluidità e la pace del confine irlandese. Ma l'Ue non accetterà mai, e allora il No Deal, cioè l'uscita del Regno Unito dall'Europa senza accordo dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche, diventerebbe sempre più realistico.

Michael Gove: 25% di probabilità di vittoria


Michael Gove
Poi c'è Michael Gove, 51 anni, ministro dell'Ambiente, ovviamente brexiter, figlio adottato di un pescatore di Aberdeen, famigerato traditore seriale (con lo stesso Johnson e con l'ex premier David Cameron che non gli parla più da anni) ma poi col tempo ha provato a rifarsi la reputazione. È forse il più intelligente di tutti ma anche quello "con meno carisma" (sua ammissione), anche se dice di essere cambiato e cresciuto molto nelle sue esperienze da ministro. Anche se da titolare del dicastero all'Istruzione anni fa ha approvato riforme che sono state spesso impopolari. Inoltre, da ministro stavolta fedele, ha votato per tre volte il bistratto piano sulla Brexit di Theresa May, affossato ogni volta in Parlamento. E questo è un punto a sfavore per la riconquista dei conservatori euroscettici, in gran parte passati al Brexit Party alle ultime elezioni europee. Gove è uno che punta a unire, a cercare il consenso di una fetta di laburisti e ha già annunciato che, qualora diventasse premier, concederà 3 milioni di passaporti britannici gratis ai cittadini europei residenti in Regno Unito all'epoca del Referendum sulla Brexit nel 2016.

Dominic Raab: 5% di probabilità di vittoria










Dominic Raab
Sul fronte euroscettico, il più pericoloso al momento per Boris Johnson è Dominic Raab, l'ex ministro della Brexit, 45 anni, studi a Cambridge ed Oxford, Dna euroscettico nonostante sia figlio di un rifugiato ebreo ceco scappato dal nazismo e giunto in Regno Unito alla fine degli anni Trenta. Passato giovanile da canoista muscoloso, c''è chi lo chiama il "Thatcher uomo", ma fino a qualche mese fa non sapeva nemmeno l'importanza commerciale della rotta Calais-Dover. 

Jeremy Hunt: 5% di probabilità di vittoria


Jeremy Hunt
Il quarto da tenere sott'occhio è Jeremy Hunt, 52 anni, figlio di un celebre ammiraglio, ministro degli Esteri e prima della Sanità, ex europeista convertito alla Brexit. Ma è un gaffeur clamoroso: una volta ha persino definito "giapponese" sua moglie cinese. 

Gli outsider: 5% di probabilità di vittoria


Sajid Javid
Ce ne sono diversi, anche se le nuove regole di ammissione alla gara per la leadership (approvate due giorni fa) filtreranno molto più severamente, e in fretta, i candidati. Uno di questi è Sajid Javid, il ministro dell'Interno, 49 anni, rampante conservatore e figlio di immigrati pachistani. Sarebbe il primo premier britannico musulmano (anche se non molto praticante) dopo il primo sindaco musulmano di Londra, l'attuale Sadiq Khan. L'unica donna davvero in lizza è invece Andrea Leadsom, 56 anni, ex ministra dei Rapporti con il Parlamento di May, poi dimessasi, e altra potenziale Lady Di Ferro. Anzi, forse troppo di ferro: molto spesso le manca empatia, dicono.

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