martedì 28 maggio 2019

Una Europa che deve essere rilanciata

@ - Certamente, almeno in Italia, è stata una campagna elettorale in cui di Europa si è parlato meno del dovuto. E anche la prima ondata di commenti ha avuto come priorità la situazione interna. Tutti argomenti giustificati dalla straordinaria incertezza e dalle emergenze che, a partire dall’andamento dei conti pubblici, risulteranno evidenti nei prossimi mesi. Ma è un errore grave concentrarsi sugli alberi dietro casa senza vedere la foresta. Le osservazioni di geopolitica non lasciano scampo. È in corso uno scontro tra giganti: la Cina, per la prima volta, ha messo in discussione i primati americani nelle tecnologie avanzate, nell’intelligenza artificiale, nelle telecomunicazioni globali. Terzo incomodo, grazie alla forte leadership di Putin, è la Russia. In più un altro colosso, l’India, presidia la frontiera orientale con la forza dei numeri della popolazione e delle tradizioni assorbite durante il dominio inglese.

L’Europa, grande mercato di consumi e per questo corteggiato da tutti, è di fronte a una scelta decisiva: ritrovare nuovo slancio o rassegnarsi a un rapido tramonto per il prevalere delle divisioni. Nel primo caso potrà giocare un ruolo nella partita in corso a livello mondiale. Nel secondo è chiaro che gli Stati europei, anche quelli più forti come la Germania, dovranno rassegnarsi a essere soltanto spettatori. Sarebbe un vero peccato perché verrebbe meno un elemento di dialettica importante: l’Europa è stata, nella storia, culla della democrazia e della cultura, motore del mondo. Può e deve dare contributi importanti, per esempio, perché venga perseguito con forza e come bene assoluto l’obiettivo più importante di tutti: la pace globale, perché il tempo delle guerre venga superato. Possibilmente per sempre.


Non può essere però l’Europa della Germania o della Francia, né l’Europa che ruota intorno all’asse tra Germania e Francia. Per questo l’Italia deve attrezzarsi per non restare al margine del campo.


Può farlo perché, nonostante tutto, siamo la seconda industria manifatturiera europea, perché abbiamo risorse che tutti ci invidiano, perché su molti fronti continuiamo ad essere i migliori. Per avere un ruolo occorre archiviare il teatrino della politica, la demonizzazione dell’avversario ad ogni costo, la ricerca del consenso a prescindere dai contenuti, la demagogia e la superficialità che prendono il posto della capacità di visione sugli scenari futuri.


Scelte sono necessarie in tempi brevi. Entro giugno sono attese le nomine dei presidenti della Bce e della Commissione europea, così come saranno decisi i vertici dell’Europa uscita dalle urne. È bene che l’Italia non risulti latitante, assorbita dalle lacerazioni provocate dalle beghe interne. C’è un principio della fisica che non lascia scampo: gli spazi vuoti vengono sempre occupati. Dagli altri. Dopo sarà difficile, e soprattutto inutile, recriminare. I risultati elettorali consegnano un Parlamento europeo più articolato del precedente, dove ogni sintesi sarà inevitabilmente più difficile. Anche per questo i parlamentari italiani potranno trovare spazio e margini di manovra che, tuttavia, nessuno ci regalerà.


Sul fronte interno c’è una priorità: la politica deve al Paese chiarezza. All’orizzonte si distingue bene un fronte di pioggia battente che avanza rapido e può trasformarsi facilmente in tempesta capace di fare danni enormi. I conti dell’economia non tornano. Entro l’anno, per farli quadrare, sarà necessario trovare da 30 a 45 miliardi, che non sono poca cosa. Le politiche di austerità hanno fallito perché la riduzione dell’imponente debito pubblico richiede sviluppo economico, ma finora la capacità d’investire sulla crescita con determinazione è mancata. È bene non perdere altro tempo. Il rischio è che i mercati finanziari non ne concedano più. E, se lo spread andrà fuori controllo costringendoci a pagare prezzi drammatici, la colpa non potrà essere data alla speculazione internazionale.

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