mercoledì 29 maggio 2019

Ue, stallo al vertice: il veto di Macron impallina il candidato tedesco alla Commissione

@ - La Francia blocca Weber, il candidato della Merkel.

BRUXELLES – È stallo sulle nomine europee, con i grandi leader dell'Unione ancora in fase di studio e di reciproco sabotaggio. La cena di ieri sera a Bruxelles è stata più breve del previsto, con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che dopo il dessert non ha potuto dare indicazioni ai media, tranne che vorrebbe due donne ai vertici delle istituzioni Ue. Il polacco continua a sperare di chiudere la partita entro il 20 giugno, ma l'obiettivo sembra difficile.

Nei prossimi giorni condurrà nuove consultazioni telefoniche con i leader, poi tornerà alla carica. Ma è lo scontro tra Emmanuel Macron e Angela Merkel a bloccare le nomine, uno stop dovuto anche alla difficile maggioranza uscita dalle urne con Popolari e Socialisti che per governare l'Europa dovranno allearsi con Liberali e Verdi. Quattro commensali per cinque poltrone: le presidenze di Commissione, Consiglio, Bce, Parlamento e l'Alto rappresentante.
Vista la delicatezza del negoziato, Tusk, impone ai capi di Stato e di governo di lasciare fuori dalla sala telefonini e computer. Non era mai successo nella storia dei vertici continentali, un modo per evitare fughe di notizie in diretta capaci di complicare ulteriormente le trattative. Per ora il Partito popolare europeo sostiene il suo candidato di punta, Manfred Weber, il bavarese scelto per succedere a Juncker alla Commissione prima delle elezioni e ora in pole visto che i popolari hanno ottenuto la maggioranza relativa a Strasburgo.
Ma il tedesco è bloccato da Macron, che vuole riaprire i giochi e ottenere per uno dei suoi, al momento punta su Margrethe Vestager, la poltrona numero uno di Bruxelles. Così mentre Merkel entrando all'Europa Building dava ancora il suo "sostegno a Weber", Macron chiedeva "una personalità eminente a livello Ue e con esperienza nel proprio Paese". Peccato che Weber non abbia mai avuto incarichi di governo in Germania.

Insomma, la candidatura di Weber scivola verso il burrone, Merkel a fine lavori invitava tutti "a essere tolleranti e pronti al compromesso". In partita potrebbero rientrare il socialista Timmermans, la liberale Vestager, il popolare Barnier e diversi outsider, come i premier belga e olandese Michel e Rutte (due liberali buoni anche per il Consiglio). Sempre che alla fine non scenda in campo la stessa Merkel per succedere a Juncker, spianando così la strada all'intesa sul resto delle nomine.

Roma intanto è isolata, irrilevante. Nonostante ieri Conte all'arrivo a Bruxelles dicesse: "Abbiamo le chance per dare all'Italia il ruolo che merita". I giochi, in realtà, li fanno Merkel per i Popolari, Macron per i Liberali e Sanchez per i Socialisti. In una fugace bilaterale con Juncker, Conte ha avanzato le richieste dell'Italia, che comunque rispetto ai tre ruoli di vertice di oggi (Draghi, Tajani, Mogherini) uscirà a mani vuote: il premier punta su un commissario economico di peso (ogni governo ha diritto a un rappresentante in Commissione), ma i nomi che girano al momento non scaldano i cuori dei partner: ieri si parlava di Guido Crosetto, Luca Zaia e Giulio Tremonti.
E poi il governo punta a ottenere almeno un posto nel direttivo della Bce nel dopo Draghi. Peccato che Conte anche ieri abbia fatto da spettatore nelle discussioni dei leader e i suoi abbiano passato un messaggio puramente difensivo: il premier cercherà di evitare che alla Commissione e alla Bce arrivi qualcuno di ostile all'Italia. D'altra parte come notava Timmermans "non si trovano amici con gli insulti a Bruxelles".

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