sabato 4 maggio 2019

I militari italiani difendono il generale che ha lasciato il 25 aprile in polemica con l’Anpi

@ - L’alto ufficiale ha dato il rompete le righe. Il presidente locale dell’associazione partigiana aveva accusato tutti i militari di aver ucciso più civili che talebani in Afghanistan.

Il 25 aprile 2019, Giornata della Liberazione, lo è stata forse anche per i militari in Italia. Per la prima volta nella storia recente delle forze armate, personale di ogni grado ed età si è schierato pubblicamente a difesa di un collega, il generale Paolo Riccò: l’alto ufficiale è finito al centro di un’istruttoria per aver dato l’ordine di rompere le righe durante le celebrazioni della ricorrenza a Viterbo. Ciò dopo che il presidente dell’Anpi locale, Enrico Mezzetti, aveva accusato i militari internazionali, per cui anche italiani, di aver ucciso più civili che talebani in Afghanistan, citando un report Onu.

Il gesto, riportato da Il Giornale, aveva immediatamente fatto il giro del web e dei social media, riportando il plauso di migliaia di persone. Non solo uomini e donne con le stellette, ma anche semplici cittadini. Per tutti Mezzetti aveva superato il limite e Riccò aveva fatto l’unica cosa giusta: lasciare l’evento in silenzio e senza clamore. L’incidente sembrava chiuso, ma il ministero della Difesa ha avviato d’ufficio un’istruttoria per valutare i fatti. Il provvedimento ha innescato un’esplosione di proteste e di critiche, sia da parte dei militari sia di moltissimi civiliTanto che sui social è nato l’hashtag #iostoconRiccò. La sua diffusione è partita su Facebook, per poi sbarcare anche su Twitter. Per le forze armate si tratta di una vera e propria rivoluzione. Ci sono sempre state critiche a provvedimenti della politica o dei vertici, ma finora nessuno aveva avuto il coraggio di esternarle in modo così formale per paura di rappresaglie. La prassi è valsa anche per i capi di Stato Maggiore che si sono succeduti negli anni: mentre erano in servizio nessuna critica all’esecutivo di allora. Si cominciava a dire qualcosa solo ed esclusivamente negli ultimi mesi di incarico, prima di andare in pensione.

Oggi, invece, le cose sono cambiate. Sembra che il gesto di Riccò abbia dato coraggio a tutti. Sicuramente tra coloro che rilanciano le proteste sui social media ci sono degli haters, ma anche tante persone normali. In divisa o no. Peraltro, il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha cercato di gettare acqua sul fuoco sulla vicenda con un lungo post sul suo profilo Facebook. Che però ha ottenuto l’effetto contrario, anche grazie all’attacco frontale da parte del vice premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il leader del Carroccio ha infatti scritto su Twitter che «Il ministro della Difesa non ha difeso un suo generale che il 25 aprile ha lasciato le celebrazioni per gli attacchi dell’Anpi». E ancora: «Io sto con chi indossa una divisa, con le Forze dell’Ordine e in questo caso con le Forze Armate, che rischiano la vita in Italia e all’estero per il nostro Paese. Il mio ABBRACCIO al Generale #Riccò e ai suoi uomini, la mia stima per la scelta di NON TACERE di fronte a parole ed offese inaccettabili».

La titolare di Palazzo Baracchini aveva scritto che «conosco il Generale Ricco’ e lo stimo professionalmente; non conosco invece l’oratore, ovvero il presidente dell’Anpi locale Roberto Mezzetti, ma personalmente credo che entrambi abbiano adottato comportamenti non adeguati al contesto delle celebrazioni. I militari dovrebbero rimanere sempre al di fuori delle dispute di natura politica, non essere oggetto di strumentalizzazioni e costituire garanzia per le libere e democratiche espressioni di idee e opinioni. Al contempo, questo non significa che io approvi quello che è stato dichiarato dal presidente Mezzetti. Ritengo che durante una festa nazionale, come quelle del 25 Aprile, le parole più opportune debbano essere di unione e non divisione. Si possono riportare dati e numeri, anche certificati, c’è però una questione di opportunità che non può passare in secondo piano e laddove la si ignori, il rischio è veicolare una strumentalizzazione che in alcuni casi, proprio come è accaduto a Viterbo, rischia di apparire un’offesa e di infrangere il sentimento patriottico che io stessa custodisco con orgoglio. I nostri militari rischiano il sacrificio della propria vita ogni giorno per garantire la nostra sicurezza, in Italia e all’estero. E lo hanno fatto e continuano a farlo anche in Afghanistan. Questa è una consapevolezza che deve avere ognuno di noi. Io sono fiera di loro! Per ultimo, come abbiamo già spiegato stamani, dalla Difesa non è stata aperta alcuna inchiesta, ma come previsto dalla legge, le autorità militari competenti dovranno avviare una procedura di accertamento dei fatti. Si tratta - ha concluso - di un provvedimento che l’amministrazione adotta, a garanzia di eventuale personale militare interessato e a tutela della stessa immagine delle Forze Armate».

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