mercoledì 15 maggio 2019

Europee -13 giorni: i due governi spiegati da Fontana

@ - Buongiorno. Mancano 13 giorni alle Europee e torna il «Diario del voto», la newsletter che, fino a dopo le elezioni, proverà a farvi da guida alle urne con i retroscena, i commenti e le analisi politiche del Corriere. In vista del 26 maggio, lo scontro nella maggioranza si fa sempre più duro: ormai sono due governi con due agende, spiega il direttore Luciano Fontana in un intervento esclusivo. Buona lettura.
Luciano Fontana

La doppia agenda
Due settimane che decideranno la sorte del governo e di una maggioranza arrivata ai limiti dell’incomunicabilità tra i due partiti che la sostengono. I risultati dei ballottaggi in alcuni comuni siciliani aggiungono un altro piccolo tassello a un puzzle politico che si sta componendo in modo diverso rispetto a come si immaginava solo pochi giorni fa. La cavalcata inarrestabile di Matteo Salvini verso il successo non sembra più così scontata e Luigi Di Maio pare aver messo nel conto la possibilità, pur di recuperare consensi, di far saltare la coalizione. I toni sono ultimativi, le due agende di governo (flat tax, autonomia regionale e decreto sicurezza bis per la Lega, conflitto d’interesse e salario minimo per i Cinque Stelle) contrapposte e inconciliabili. È finito anche quel rapporto personale, fatto di decine di messaggi al giorno, che legava i due gemelli vicepremier. Matteo Salvini ha deciso di giocare i suoi ultimi giorni di campagna elettorale su una parola d’ordine sfidante: il voto europeo sarà un referendum su se stesso e sulla sua idea di Europa. Luigi Di Maio gli ha ricordato quanto il referendum portò sfortuna a Matteo Renzi. Scaramucce, si dirà. Segnalano però un dato politico di fondo: il voto del 26 maggio sarà uno spartiacque: anche se la maggioranza gialloverde sopravviverà, avrà un equilibrio diverso e dovrà trovare un percorso per andare avanti. La guerriglia quotidiana al momento produce tanti annunci e nessuna attività di governo, ridotta praticamente a zero. L’esecutivo è diventato un campo di battaglia e lo sarà ancora per qualche giorno. Poi arriverà il momento della verità e si vedrà chi potrà festeggiare nel compleanno del «governo del cambiamento» a fine mese.

Emanuele Buzzi

La resa dei conti? (Forse) il 20 maggio
La resa dei conti nel governo ha una data: lunedì 20 maggio. Si tratta del giorno — concordato giovedì ma non ancora definitivo — del prossimo Consiglio dei ministri (in serata), l’unico e l’ultimo prima del voto per le Europee. Prima, un limbo d’attesa, con solo un preconsiglio, dedicato in linea di massima a una fase tecnica. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due alleati rivali — secondo chi frequenta Palazzo Chigi — non avranno nessun incontro, nemmeno un vertice a tre con il premier Giuseppe Conte, prima delle urne. Così, il tavolo della riunione di governo rischia di trasformarsi nell’ultimo ring elettorale tra i palazzi romani. Un ring in cui le questioni identitarie di Lega e Movimento la faranno da padrone (qui l’articolo completo).


Che tempismo che fa: perché esplode il caso Fazio
«La chiusura anticipata del programma del lunedì suona come un primo ridimensionamento dello spazio occupato dal presentatore. Forse l’unico possibile prima delle elezioni del 26 maggio, visto che il contratto di Fazio è blindato», scrive Antonella Baccaro, dopo la «decisione autonoma» di Rai 1 — rete che fa capo a Teresa De Santis, vicina alla Lega — di chiudere con tre settimane d’anticipo Che fuori tempo che fa, finora in onda il lunedì in seconda serata. Di certo, a Fazio, Salvini l’aveva giurata: Chiara Maffioletti ricostruisce tutte le tappe del loro scontro.

Perché rischiamo (davvero) di rivotare molto presto
«Chi è stato al Quirinale ritiene che sia finita la stagione dei tecnici e che non esistano stagioni in cui non si possa andare alle urne. D’incanto svaniscono le teorie complottiste e cadono gli alibi costruiti attorno al ruolo del Colle, che semmai affida a Di Maio e Salvini la penultima parola». Lo ha scritto Francesco Verderami in una delle più illuminanti analisi delle ultime settimane. Il nostro retroscenista ha cancellato un mantra della politica italiana e, probabilmente, l’illusione di Lega e M5S di andare a votare in autunno con un governo euro-tecnico contro cui fare campagna elettorale. Non succederà: se la maggioranza non sarà in grado di concordare una Legge di Bilancio plausibile, ne risponderà subito agli elettori.

Il calo della Lega nell’ultimo sondaggio
Salvini «ha esasperato i toni, sia in termini di modalità, con una comunicazione sempre più diretta, che di posizionamento politico, con un sempre più netto spostamento a destra». Invece Di Maio «ha ripreso un ruolo da protagonista, tenendo il punto su molte questioni e in particolare ottenendo la testa del sottosegretario Siri. Quest’ultima vicenda è pesata sull’opinione pubblica». Nando Pagnoncelli spiega con molta semplicità «l’arretramento» della Lega nell’ultimo sondaggio prima del voto, pubblicato venerdì dal Corriere (qui l’articolo, qui il grafico): la Lega cala in poche settimane dal 37 al 31%, il M5S risale al 25, il Pd supera il 20, Forza Italia sta sotto l’8, Fratelli d’Italia sfiora il 6.

Renato Benedetto

Come si vota: occhio alla parità di genere
Sono soprattutto le norme sulla parità di genere che dovremo tenere a mente il 26 maggio. Le regole del voto, per il resto, sono abbastanza semplici: non ci sono coalizioni, ciascuna lista corre per sé e conquisterà seggi al Parlamento Ue in proporzione ai voti presi (sopra il 4%, soglia di sbarramento: chi non la raggiunge è fuori). Si barra con una «X» la lista prescelta. E volendo, ma non è obbligatorio, si esprimono una o più preferenze scrivendo il cognome (o il nome e cognome) del candidato. Se ne possono indicare fino a tre. Ma — è bene ricordarlo, appunto — non possono riguardare tutte candidati dello stesso sesso, pena l’annullamento della seconda o della terza preferenza. I candidati della vostra circoscrizione li trovate affissi nella bacheca, al seggio, o sul sito del ministero dell’Interno (qui la videoscheda di un minuto e mezzo).

Francesca Basso

Cos’è lo Spitzenkandidat? Il libro delle 80 domande
Il sistema dello Spitzenkandidat — in tedesco vuole dire capolista, cioè candidato principale — è stato usato per la prima volta nel 2014: i partiti politici europei hanno indicato già in campagna Ue il presidente scelto qualora avessero vinto. È così che è stato scelto Jean-Claude Juncker, Spitzenkandidat del Ppe, alla guida della Commissione. Il Parlamento Ue ha ribadito che questo è il sistema che sarà usato anche per indicare la guida del nuovo esecutivo. Quindi, in base ai risultati delle elezioni, uno dei candidati capolista sarà eletto presidente della Commissione dal Parlamento Ue, previa proposta formale del Consiglio dei capi di Stato e di governo. Il Partito popolare europeo (Ppe) ha indicato il tedesco Manfred Weber. Il candidato del Partito dei socialisti europei (Pse) è invece l’olandese Frans Timmermans. Il gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) ha designato il ceco Jan Zahradil. L’Alde ha deciso di individuare un gruppo di leader e non un solo: della squadra di candidati fanno parte Margrethe Vestager, l’ex premier belga Guy Verhofstadt e l’italiana Emma Bonino. Due i candidati per il Partito europeo dei Verdi: la tedesca Ska Keller e l’olandese Bas Eickhout. Due nomi anche per il Partito della Sinistra europea: la slovena Violeta Tomi e il belga Nico Cué (Il testo è tratto dal libro di Francesca Basso L’Europa in 80 domande. Istituzioni, meccanismi, falsi miti e opportunità, 7,90 euro, con prefazione di Luciano Fontana, in edicola con il Corriere).

I nostri «Cento giorni» in giro per l’Unione
Mara Gergolet e Marilisa Palumbo stanno curando un progetto bellissimo: i «Cento giorni in Europa». Da quasi tre mesi mandano in giro per i Paesi dell’Ue una cinquantina di giornalisti e fotografi, e loro li raccontano con reportage tagliati su singole questioni ma talmente profondi da offrire un quadro unico. Il sogno di ogni giornalista ma, credeteci, anche di ogni lettore. Oggi è uscita la puntata sull’Ungheria di Orbán: Maria Serena Natale spiega come il governo di Budapest punti sulle «madri sovrane» per contrastare — senza immigrazione — il calo demografico. Quitrovate tutte le uscite precedenti, in un contenitore che, grazie alla mano creativa di Samuel Granados e al coordinamento di Federica Seneghini, è anche una splendida esperienza grafica e visuale. Qui, «In una parola», i nostri editorialisti spiegano invece la loro idea di Europa.

Ma tutto è politica...
...anche la straordinaria intervista per il nuovo «7» in cui Gino Paoli racconta a Walter Veltroni come e perché si sparò: se ve le siete persa, ce l’avete qui in un clic. E per tutti gli aggiornamenti di giornata c’è corriere.it. A domani (gmercuri@rcs.it — grazie a Luca Angelini, Sandro Orlando ed Elena Tebano: la redazione Digital. E a Giovanni Angeli per il disegno)
M 3.4 POLAND

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