domenica 16 dicembre 2018

Italia in ritardo: a rischio 1,5 miliardi di euro di fondi europei non spesi

M per reddito di cittadinanza e pensioni, regioni e ministeri italiani rischiano di perdere da qui a fine anno un bel pacchetto di fondi europei per gli investimenti. Alla fine, con molto affanno e qualche escamotage, i danni saranno contenuti, ma oggi è «a rischio quasi un miliardo e mezzo di euro». Di questi, più di un terzo (534 milioni) in una sola regione, la Sicilia, che quasi certamente dovrà alzare bandiera bianca e rassegnarsi a perdere qualche decina di milioni.

Le cifre sono della Dg Politiche regionali della Commissione europea che nei giorni scorsi ha fatto il punto della situazione dei programmi regionali e nazionali (Por e Pon) del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), a poche settimane dal 31 dicembre quando, come previsto, scatterà la temuta regola dell’N+3 che prevede il disimpegno automatico delle somme la cui spesa non viene certificata entro tre anni dall’anno d’impegno.

16 dicembre 2018

Le brutte sorprese 
Il “caso disperato” della Sicilia era noto e ha già richiesto vari aggiustamenti, compreso un deciso taglio del cofinanziamento nazionale per agevolare la spesa delle risorse comunitarie. Ma la vera sorpresa è la Provincia di Trento che, come la Sicilia, per Bruxelles ha il “codice rosso” dei casi più critici. In termini assoluti, le due situazioni sono profondamente diverse, hanno dotazioni non confrontabili: per Trento sono in ballo meno di 10 milioni su un programma di 108, la Sicilia supera i 4,5 miliardi. Ma il rischio-perdite è altissimo per entrambe.

La cifra in bilico cresce ulteriormente se al Fesr si aggiunge il Fondo sociale europeo (Fse). E qui arrivano altre sorprese: secondo i dati della Dg Occupazione, i programmi Fse con le «maggiori criticità» sono quelli della Provincia di Bolzano e della Valle d’Aosta, «anche se per importi limitati in valore assoluto». In passato le regioni del Nord non avevano mai avuto problemi di assorbimento delle risorse europee. Il dato contraddittorio è quello di Trento che per il Fse è segnalato come “eccellenza” rispetto agli obiettivi di spesa, insieme al Piemonte. La Sicilia, invece, anche Fse si conferma in forte ritardo, come in Calabria dove però il programma è unico con il Fesr e dunque c’è un effetto compensativo. In generale la situazione non appare drammatica: «Sulla base dei dati disponibili, 12 programmi operativi Fse su 24 hanno raggiunto e superato gli obiettivi di spesa» fanno sapere da Bruxelles.

Per il Fesr, invece, solo tre regioni hanno già superato l’obiettivo: Emilia Romagna, Liguria e, in una situazione speculare a quella del Trentino, la Valle d’Aosta. Vicine all’obiettivo ma in “codice arancione” sono altre tre regioni del Sud: Campania (260 milioni a rischio secondo la Commissione), Puglia (108 milioni) e Calabria (98), le «big four» con la Sicilia. Ma questo gruppo è molto numeroso e comprende anche regioni come la Lombardia, oltre a tutti gli 11 programmi nazionali (Pon), gestiti dai ministeri e dall’Agenzia per la coesione.

16 novembre 2018

Il rush di fine anno
Le amministrazioni sono impegnate allo spasimo fino al 31 dicembre per rispettare gli impegni. Vale per tutti ciò che ha detto qualche giorno fa il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, con i toni che gli sono consueti:  «Stiamo buttando il sangue per rendicontare 658 milioni entro fine anno, ma arriveremo all’obiettivo, costi quel che costi!». La cifra indicata da De Luca comprende, probabilmente, anche alcuni importi rilevanti del periodo 2007-2013, relativi a due linee della metropolitana di Napoli e ad un altro progetto nel capoluogo campano, a ulteriore prova dei tempi lunghissimi nella spesa delle risorse, europee o nazionali che siano, destinate agli investimenti. Come la Campania, molte regioni (Calabria, Toscana, Veneto, Lombardia, Puglia...) hanno già fatto sapere che raggiungeranno i target di fine 2018 e come in passato il colpo di reni della certificazione arriverà nell’ultima settimana dell’anno. Ma forse è proprio questo un valore aggiunto della politica di coesione europea, oltre a quello, fondamentale, della funzione redistributiva a vantaggio delle regioni più in ritardo di sviluppo, comprese quelle italiane.

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