mercoledì 26 dicembre 2018

Il presepe di sabbia in Vaticano: genesi o nemesi?

La sand nativity di San Pietro, metafora del 2019 di Bergoglio, alle prese con la crisi del settimo anno.

Il presepe di sabbia in Vaticano: genesi o nemesi?




Emblema di una eredità biblicamente copiosa come i granelli luccicanti, promettenti delle spiagge d'Oriente o presagio
di un lascito destinato a sciogliersi, 
e rapidamente scomparire, sull'onda di riflusso di un futuro conclave, che monta in prospettiva, 
mentre a Occidente sale, lenta e inesorabile, 
la marea del dissenso?


Quando il Patriarcato di Venezia e la cittadina balneare di Jesolo hanno inviato al Papa la Sand Nativity, o presepe di sabbia, di Piazza San Pietro, non immaginavano di assumersi tale responsabilità e tramandare all'iconografia e storiografia dei posteri una metafora così aperta e puntuale, incerta e attuale, del pontificato di Bergoglio, giunto alla veglia - vigilia, critica e fatidica del settimo anno.

C'è infatti una domanda recondita, sospinta dalle immagini, che aleggia silenziosa e maliziosa, indicibile ancorché ineludibile, rapita nel cilindro dei riflettori e trasferita direttamente nei cuori, sulle dita di un gioco di prestigio, catodico e angelico. Mentre Maria, materna e schiva, sottrae lo sguardo e chiude gli occhi, cogliendo il pericolo. E Giuseppe da par suo, moderno e divo più che divino, solleva il braccio istintivo e apre la mano, facendo scudo all'assalto dei selfie.

La tenerezza, che a Natale notoriamente celebra se stessa e mai come in questo caso si sublima esteticamente, fisicamente nella materia prima di un presepe, risuona pure, contestualmente, quale sinonimo di concretezza? O i due profili, tra loro, si mostrano concettualmente incompatibili?

La Chiesa della misericordia, degli ospedali da campo e dei ponti a campata multipla, degli accordi segreti con la Cina, indigesti e non metabolizzati, underground, da Pechino a Shangai, e degli scandali al sole con l'America, emorragici e non cicatrizzati, coast-to-coast, da Washington a Los Angeles, è anche una chiesa friabile, fragile? Cedevole, arrendevole? Priva di compattezza e autorevolezza gerarchica e geopolitica? Insomma sotto al livello di guardia, di tenuta e solidità dottrinale, per potersi considerare al riparo dalle tempeste, che già s'intravedono all'orizzonte, dirompenti, dell'anno a venire? O è in definitiva una Chiesa di sabbia?

Dietrologia legittimata e ostentata con "picardía" creola - quasi a mettere le mani avanti e ammortizzarne o esorcizzarne l'impatto - dalla didascalia di Borges, il "teologo ateo", amico e conterraneo di Francesco, che affianca originalmente l'opera e ne offre l'interpretazione autentica, letteraria, in luogo di una ordinaria, scontata citazione scritturistica: "Nulla è costruito sulla pietra; tutto è costruito sulla sabbia, ma dobbiamo costruire come se la sabbia fosse pietra".

Parole che vibrano ambivalenti e indicano il bivio, natalizio e indilazionabile, sul quale indugia oggi e si dibatte l'istituzione bimillenaria, in attesa del suo messia: tra identità perduta e rinascita incompiuta.

Poiché la sabbia configura nell'immaginario religioso un simbolo estremo, fascinoso e ambiguo. Eterna come la promessa di una discendenza infinita, proferita personalmente da Dio ad Abramo. Effimera come il programma delle leadership terrene - Vicari di Cristo inclusi -, trascritto sulla battigia emotiva, sulle alleanze mutevoli e fluide, sui sentimenti cangianti e disincantati dei contemporanei.

Mentre le mareggiate depongono sul bagnasciuga gli strascichi e relitti dei naufragi che hanno segnato tra gennaio e agosto, nel corso del 2018, la navigazione della barca di Pietro, dal Pacifico all'Atlantico, dall'estate australe del Cile a quella dell'Irlanda boreale. Tra le vittime di Fernando Karadima e le lacrime delle case Magdalene. Tra epurazioni massive ed espiazioni tardive. Fattori che unitamente all'esplosione deflagrante dell'Affaire Viganò hanno indotto all'inizio dell'autunno a diagnosticare l'esistenza di un piano diabolico e a dedurne il sillogismo, e sindrome, della cittadella sotto attacco, rispolverando un armamentario d'altri tempi e rispondendovi con un esorcismo planetario. Lucidando la spada e imponendo per quattro settimane la recita dell'antica, ottocentesca preghiera di San Michele Arcangelo, "contro Satana e gli spiriti maligni che si aggirano per il mondo".

Nodi destinati a venire al pettine tra due mesi, quando i capi degli episcopati per la prima volta si troveranno insieme, ciascuno portatore di un consenso, di una rappresentatività elettiva, per non dire di una sovranità effettiva, espressi dal basso. Esperimento inedito, ardito, riconducibile a un'assemblea costituente più che a una comune sessione parlamentare. Gli "stati generali" della Chiesa, se vogliamo, convocati per discutere sul tema specifico degli abusi ma suscettibili di allargarsi, di arrogarsi prerogative ulteriori e assumere investitura, e natura, di concilio, sfuggendo di mano ai promotori e dispiegando una portata rivoluzionaria.

"Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi".

Stretto dalla profezia che il Signore fece a Pietro e dall'avanzata delle istanze conservatrici, che agitano la minaccia di uno scisma, contagiando in progressione i paesi e cristianesimi europei, Bergoglio ha in agenda una girandola di viaggi spettacolari, temerari, volti a rompere l'assedio, sul modello di altrettante sortite strategiche, come si addice a un discepolo, e seguace, di Sant'Ignazio,

A cominciare dal Coming Soon di gennaio - febbraio, con il duplice approdo sul Canale di Panama, per il blockbuster della GMG, e in prima mondiale ad Abu Dhabi, per l'Incontro Internazionale sulla Fratellanza Umana, negli Emirati Arabi, sotteso e sottinteso significativamente fra le righe della benedizione Urbi et Orbi: "Qual è il messaggio universale del Natale? Con la sua incarnazione il Figlio di Dio ci indica che la salvezza passa attraverso l'amore, l'accoglienza, il rispetto per questa nostra povera umanità, che tutti condividiamo in una grande varietà di etnie, di lingue, di culture ... ma tutti fratelli in umanità. E' Dio "genitore" il fondamento e la forza della nostra fraternità".

Dall'istmo delle Americhe - cerniera di Yankee e Latinos, di protestanti evangelici, che scendono dal Nord alla conquista del Sud, e migranti cattolici, che salgono dal Sud alla conquista del Nord – al "golfo" di frontiera tra i due Islam, saudita e iraniano, sunnita e scita. Polveriera infiammabile. Proibita e inaccessibile sin qui ad un romano pontefice. Cruna d'ago e obiettivo per il quale Francesco tuttavia era disposto a diventare piccolo: come un granello di sabbia, volendo rimanere in argomento e mantenere la scenografia.

Un grumo di argilla rosso fuoco che si sgretola, si stacca e scivola giù dal Colle Vaticano per rotolare incontro al futuro e farsi storia insieme con esso.

Genesi o nemesi, dunque? Predisposizione di format e formine, inedite, di civiltà cristiana o propensione a restare per sempre allo stadio di lievito, presente ma sfuggente, dinamico ma erratico, che si fonde, e confonde, nei mondi altrui e li matura e sviluppa verso livelli superiori di spiritualità e umanità?

Scrutandola di sera dal Lungotevere, in fondo al rettilineo, ai piedi della basilica che incombe su di essa con la sua enorme sagoma, la macchia luminosa, sfumata e indefinita del presepe trasmette per contrasto il messaggio e miraggio di una Chiesa che si spoglia, si scioglie, si mimetizza e miniaturizza. Entrando nella clessidra e transitando in un'altra dimensione.

Come se il Papa, in cuor suo, vagheggiasse di chiudere un'epoca. Una epopea. E mandarne in archivio strutture, nomenclature, architetture. "Banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole, con una etichetta cattolica ... E' un metodo che non facilita l'evangelizzazione", in era di globalizzazione, ha sentenziato un anno e mezzo fa, nella contrada di Don Mazzolari e nel più azzardato, temuto, taciuto dei suoi pronunciamenti.

"Gesù chiede di alzarsi svelti da tavola per servire, come pani spezzati per gli altri", ha rilanciato stanotte nell'omelia, come davanti al bivacco di un esodo, in procinto di dare avvio al cammino.

Come se, in conclusione, il millennio delle cattedrali, che si distende geograficamente, cronologicamente recando il marchio doc dell'Occidente, da Canterbury a Santiago de Compostela, dall' Île-de-France alla Sagrada Familia, prendesse congedo da noi e dal nostro sguardo. Indicando un passaggio, e delineando un paesaggio, di cui nessuno, nemmeno il suo artefice, saprebbe tracciare o decifrare al momento lo skyline.

Mentre la clessidra del tempo, sul crinale sottile del Natale, spacca e divide in due l'universo cattolico, nei passi e gradini che separano, nitidi, capanna e balcone, identità e alterità, globalismo e sovranismo, Assisi e Costantinopoli, Vatican City e Sand Nativity.

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