Istat, il 30% dei residenti in Italia a rischio povertà - MilanoFinanza.it: "Crescono reddito disponibile e potere d'acquisto delle famiglie in Italia, in maniera "significativa e diffusa" nel 2015, secondo l'Istat, ma al tempo stesso c'è un aumento della disuguaglianza economica e del rischio di povertà o esclusione sociale. E' quanto emerge dai risultati dell'indagine Eu-Silc resi noti dall'Istituto di statistica.
Il reddito netto medio annuo per famiglia, esclusi gli affitti figurativi, è pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d'acquisto rispetto al 2014). La crescita del reddito è più intensa per il quinto più ricco della popolazione, trainata dal sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata. Quindi, esclusi gli affitti figurativi, si stima che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero sia aumentato da 5,8 a 6,3.
Infatti, se si fa riferimento alla distribuzione dei redditi individuali equivalenti, senza la componente degli affitti figurativi, si nota che il 20% più povero della popolazione dispone soltanto del 6,3% delle risorse totali (nella situazione ipotetica di perfetta eguaglianza ogni quinto della popolazione disporrebbe di una quota di reddito pari al 20% del totale), mentre all'opposto il quinto più ricco possiede quasi il 40% del reddito totale (equivalente).
In altri termini, spiega l'Istat, il reddito totale dei più benestanti è pari a 6,3 volte quello degli individui appartenenti al primo quinto. L'inclusione degli affitti figurativi riduce la distanza fra ricchi e poveri, portando i cittadini più ricchi a percepire nel complesso un reddito pari a 5,3 volte quello degli appartenenti al primo quinto.
Dato peggiore: metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l'anno, circa 2.016 euro al mese (+1,4% rispetto al 2014). Il reddito mediano cresce nel Mezzogiorno in misura quasi doppia rispetto a quanto registrato a livello nazionale (+2,8% rispetto al 2014), rimanendo però su un volume molto inferiore (20.557 euro, circa 1.713 mensili).
Più nel dettaglio, la distribuzione del reddito in Italia evidenzia una marcata componente territoriale della disuguaglianza: i residenti al Sud e nelle Isole ricadono più spesso nel primo quinto (33,2%) rispetto a coloro che vivono al Centro (15,8%) e nelle aree geografiche del Nord-ovest e Nord-est (13,2% e 10,1%). Parallelamente, è più diffusa la presenza nel quinto più ricco di residenti al Nord (oltre il 26% per ambedue le ripartizioni) rispetto ai cittadini del Centro (22,8%) e del Mezzogiorno (10%).
Chi vive in famiglie numerose, in coppie con tre o più figli, risulta concentrato nel quinto più povero (36,5%) e meno presente nei quinti più ricchi (10% e 11,8% rispettivamente nel quarto e nell'ultimo). Questo aspetto, secondo l'Istat, "si lega anche alla maggiore presenza dei minori nel segmento inferiore della distribuzione dei redditi, soprattutto se vivono in famiglie numerose". Quando vi è almeno un minore si ha una concentrazione del 25% nel primo quinto che raggiunge il 39,5% nel caso essi siano tre o più.
Viceversa, le coppie senza figli o con un solo figlio ricadono meno frequentemente nel quinto più basso (in meno del 15% dei casi) e più diffusamente nel quinto più ricco (27,2% e 24,1%). Invece i soggetti che risiedono in famiglie con stranieri risultano fortemente svantaggiati, collocandosi nel 36% circa dei casi nel quinto più povero e in appena il 5,5% nel quinto più alto. Denotano poi una maggiore vulnerabilità coloro che appartengono a famiglie con principale percettore sotto i 35 anni (27,8% nel primo quinto), con titolo di studio basso, ossia al più la media inferiore (28,2%), in condizione di disoccupazione (59,1%) o inoccupazione (38,6%) e in famiglie con almeno un componente con cittadinanza straniera (39,1%).
La disuguaglianza dei redditi in Italia risulta poi essere più accentuata che nella media dei Paesi europei. Una delle misure principali utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l'indice di Gini che in Italia è pari a 0,331, sopra la media europea di 0,307. Nella graduatoria dei Paesi dell'Ue, l'Italia occupa la ventesima posizione. Sotto l'Italia si piazzano altri Paesi dell'area mediterranea quali Portogallo (0,339), Grecia (0,343) e Spagna (0,345). Il campo di variazione dell'indice è molto ampio: dai valori più alti di Bulgaria (0,383) e Lituania (0,370), dove la distribuzione dei redditi è fortemente diseguale, a quelli più bassi di Slovacchia (0,243) e Slovenia (0,244) che invece hanno distribuzioni del reddito più eque.
Mentre l'aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare è pari al 19,4%, in lieve calo rispetto al 2014 (-0,25 punti percentuali). Si è ridotto poi il carico fiscale sulle prime due classi di reddito (0-15.000, 15.000-25.000 euro) delle famiglie con principale percettore un lavoratore dipendente, per gli effetti della detrazione Irpef di 80 euro. Al contempo nel 2015 il costo del lavoro risulta in media pari a 32.000 euro annui e il cuneo fiscale e contributivo è pari al 46% del costo del lavoro, in lieve calo rispetto agli anni precedenti (46,2% nel 2014, 46,7% nel 2012)." SEGUE >>>
Il reddito netto medio annuo per famiglia, esclusi gli affitti figurativi, è pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d'acquisto rispetto al 2014). La crescita del reddito è più intensa per il quinto più ricco della popolazione, trainata dal sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata. Quindi, esclusi gli affitti figurativi, si stima che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero sia aumentato da 5,8 a 6,3.
Infatti, se si fa riferimento alla distribuzione dei redditi individuali equivalenti, senza la componente degli affitti figurativi, si nota che il 20% più povero della popolazione dispone soltanto del 6,3% delle risorse totali (nella situazione ipotetica di perfetta eguaglianza ogni quinto della popolazione disporrebbe di una quota di reddito pari al 20% del totale), mentre all'opposto il quinto più ricco possiede quasi il 40% del reddito totale (equivalente).
In altri termini, spiega l'Istat, il reddito totale dei più benestanti è pari a 6,3 volte quello degli individui appartenenti al primo quinto. L'inclusione degli affitti figurativi riduce la distanza fra ricchi e poveri, portando i cittadini più ricchi a percepire nel complesso un reddito pari a 5,3 volte quello degli appartenenti al primo quinto.
Dato peggiore: metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l'anno, circa 2.016 euro al mese (+1,4% rispetto al 2014). Il reddito mediano cresce nel Mezzogiorno in misura quasi doppia rispetto a quanto registrato a livello nazionale (+2,8% rispetto al 2014), rimanendo però su un volume molto inferiore (20.557 euro, circa 1.713 mensili).
Più nel dettaglio, la distribuzione del reddito in Italia evidenzia una marcata componente territoriale della disuguaglianza: i residenti al Sud e nelle Isole ricadono più spesso nel primo quinto (33,2%) rispetto a coloro che vivono al Centro (15,8%) e nelle aree geografiche del Nord-ovest e Nord-est (13,2% e 10,1%). Parallelamente, è più diffusa la presenza nel quinto più ricco di residenti al Nord (oltre il 26% per ambedue le ripartizioni) rispetto ai cittadini del Centro (22,8%) e del Mezzogiorno (10%).
Chi vive in famiglie numerose, in coppie con tre o più figli, risulta concentrato nel quinto più povero (36,5%) e meno presente nei quinti più ricchi (10% e 11,8% rispettivamente nel quarto e nell'ultimo). Questo aspetto, secondo l'Istat, "si lega anche alla maggiore presenza dei minori nel segmento inferiore della distribuzione dei redditi, soprattutto se vivono in famiglie numerose". Quando vi è almeno un minore si ha una concentrazione del 25% nel primo quinto che raggiunge il 39,5% nel caso essi siano tre o più.
Viceversa, le coppie senza figli o con un solo figlio ricadono meno frequentemente nel quinto più basso (in meno del 15% dei casi) e più diffusamente nel quinto più ricco (27,2% e 24,1%). Invece i soggetti che risiedono in famiglie con stranieri risultano fortemente svantaggiati, collocandosi nel 36% circa dei casi nel quinto più povero e in appena il 5,5% nel quinto più alto. Denotano poi una maggiore vulnerabilità coloro che appartengono a famiglie con principale percettore sotto i 35 anni (27,8% nel primo quinto), con titolo di studio basso, ossia al più la media inferiore (28,2%), in condizione di disoccupazione (59,1%) o inoccupazione (38,6%) e in famiglie con almeno un componente con cittadinanza straniera (39,1%).
La disuguaglianza dei redditi in Italia risulta poi essere più accentuata che nella media dei Paesi europei. Una delle misure principali utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l'indice di Gini che in Italia è pari a 0,331, sopra la media europea di 0,307. Nella graduatoria dei Paesi dell'Ue, l'Italia occupa la ventesima posizione. Sotto l'Italia si piazzano altri Paesi dell'area mediterranea quali Portogallo (0,339), Grecia (0,343) e Spagna (0,345). Il campo di variazione dell'indice è molto ampio: dai valori più alti di Bulgaria (0,383) e Lituania (0,370), dove la distribuzione dei redditi è fortemente diseguale, a quelli più bassi di Slovacchia (0,243) e Slovenia (0,244) che invece hanno distribuzioni del reddito più eque.
Mentre l'aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare è pari al 19,4%, in lieve calo rispetto al 2014 (-0,25 punti percentuali). Si è ridotto poi il carico fiscale sulle prime due classi di reddito (0-15.000, 15.000-25.000 euro) delle famiglie con principale percettore un lavoratore dipendente, per gli effetti della detrazione Irpef di 80 euro. Al contempo nel 2015 il costo del lavoro risulta in media pari a 32.000 euro annui e il cuneo fiscale e contributivo è pari al 46% del costo del lavoro, in lieve calo rispetto agli anni precedenti (46,2% nel 2014, 46,7% nel 2012)." SEGUE >>>
Nessun commento:
Posta un commento