domenica 11 giugno 2017

Libero il figlio di Gheddafi, la sfida degli ex ribelli al governo di Tripoli e all'Italia che lo sostiene

Libero il figlio di Gheddafi, la sfida degli ex ribelli al governo di Tripoli e all'Italia che lo sostiene: "Una doppia sfida: al governo di Tripoli e all'Italia che lo sostiene. Il caos libico si arricchisce di un altro capitolo. Saif al Islam, il figlio del defunto dittatore libico Muammar Gheddafi che questi aveva designato come suo successore, è libero.

Ad annunciarlo è stata ieri sera la Brigata Abu Bakr al Sadiq, una milizia di ex ribelli che controlla la città di Zintan, in Libia occidentale. Con un post su Facebook, la milizia ha comunicato che il figlio di Gheddafi è stato liberato venerdì sera "nel 14mo giorno del mese del Ramadan" in base a un'amnistia promulgata dal parlamento che si trova nella parte orientale del Paese. Saif al Islam era stato arrestato a novembre 2011. "Abbiamo deciso di liberare Saif al Islam Muammar Gheddafi. Egli è ora libero e ha lasciato la città di Zintan", recita il comunicato su Facebook. Saif al Islam Gheddafi"è stato liberato dalla prigione di Zintan dove era detenuto".

La conferma viene dall'agenzia "Mena" che cita fonti libiche, secondo le quali "è stato rilasciato dalla brigata dei miliziani Abu Bakr al Siddiq del comando generale delle forze armate", che fanno capo al generale Khalifa Haftar di Tobruk. Gheddafi è stato "trasferito in una località sconosciuta del Paese". Saif era stato catturato nel novembre del 2011 mentre cercava di fuggire in Niger con un vestito tradizionale tribale per non farsi riconoscere. Il figlio del defunto dittatore è oggetto di un mandato di arresto per crimini contro l'umanità che sarebbero stati commessi durante gli otto mesi della rivolta del 2011. Le autorità libiche e la Corte penale internazionale sono in conflitto su chi ha il diritto di giudicarlo. Su Saif al Islam pende una condanna morte emessa a luglio 2015 da un tribunale a Tripoli per il suo ruolo nella repressione della rivolta del 2011. Il suo nome vuol dire "Spada dell'Islam" ed è il secondo degli otto figli di Gheddafi, il primo della seconda moglie, Safiya. A luglio 2016 gli avvocati del 44enne avevano sostenuto che il loro cliente era stato rilasciato in base a un'amnistia. Ma il Governo di accordo nazionale aveva detto che l'amnistia non si applicava alle accuse per crimini contro l'umanità.

In Libia la notizia del rilascio suscita reazioni controverse. Tra le milizie di Misurata e nella stessa Zintan si registrano rabbia e frustrazione. C'è invece diffusa soddisfazione tra le tribù tradizionalmente legate ai Ghaddafi come i Warfallah, i Tuareg, i Warshafanna e gli abitanti delle zone di Sirte e Bani Walid. La liberazione di Saif Islam Gheddafi dà conto del caos (armato) libico. Due governi. Due parlamenti. Centoquaranta tribù. Duecentotrenta milizie armate. Oltre l'Isis. Esistono almeno "tre Libie" in uno "Stato fallito. Nessuna illusione di costruire, sulle macerie della scellerata guerra del 2011, uno Stato di diritto, nel momento in cui è già una impresa immaginare la Libia del futuro possa configurarsi ancora come una parvenza di Stato unitario, visto che potenti attori regionali operano alacremente per la tripartizione del territorio con la costituzioni di tre protettorati: Tripolitania, Cirenaica, Fezzan. Quanto allo Stato islamico, la sua forza in Libia si può stimare in circa 8.000 uomini. Il nucleo forte è costituito da foreign fighters rientrati in Libia e da quadri intermedi del gruppo giunti nel Paese negli ultimi mesi, in particolare da Tunisia, Yemen, Algeria, Sudan, Mali, Niger e Ciad. Al gruppo hanno poi via, via aderito elementi scissionisti di Ansar Al Sharia, combattenti africani e appartenenti, soprattutto giovani, della tribù dei Gheddafi Qadadfa. Non è un caso che Is si sia radicato proprio a Sirte, vecchia roccaforte di Gheddafi. L'Isis si starebbe spostando anche verso il confine con la Tunisia, a Surman, un'altra città costiera a circa 60 km dalla capitale, dove gli affiliati di al-Baghdadi hanno distribuito volantini con indicazioni per le donne, minacciando il ricorso alle armi per chi non si adegua." SEGUE >>>

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