domenica 22 gennaio 2017

Francia, primarie socialiste tra delusione per l'era Hollande, colpi di scena e un favorito sempre più in difficoltà - Il Fatto Quotidiano

Francia, primarie socialiste tra delusione per l'era Hollande, colpi di scena e un favorito sempre più in difficoltà - Il Fatto Quotidiano: "La domanda che tutti temono arriva all’inizio del primo dibattito tv: “Definisca in una parola la presidenza di François Hollande”. Silenzio. I volti si irrigidiscono e davanti agli occhi passano i fantasmi. I candidati alle primarie della sinistra francese si guardano intorno, poi abbozzano: “Difficile da difendere”; “incompiuta”; “incompresa”. Solo Manuel Valls alza la testa: “fierté”, fierezza. Lo dice secco, come fosse la quarta parola dopo “liberté, egalité, fraternité”. Da dietro lo schermo i suoi sostenitori, una cinquantina di persone di mezza età radunate in un pub alle porte di Parigi, saltano in piedi e applaudono: “Manuel, lui sì che ci fa essere orgogliosi”. E’ tutta lì la sinistra francese che si prepara alle primarie per scegliere il prossimo candidato presidente: politici disorientati che non sanno bene a chi dare la colpa del fallimento di Hollande, una faccia più sicura delle altre che alza la voce e invoca la difesa della bandiera. Il resto è un rito stanco che si compie perché si deve fare e la speranza che non faccia troppo male.


E’ una gara dove tutto è possibile quella che va in scena il 22 gennaio (secondo turno il 28): il favorito Valls sempre più in difficoltà perché simbolo del sistema che ha perso un occasione, alle calcagna i volti più a sinistra che sognano l’effetto sorpresa. Secondo i detrattori? Una competizione per decidere la faccia di chi arriverà quinto alle prossime presidenziali, ovvero non c’è niente di più deprimente.“Dobbiamo ricordarci che il 2017 non è il 2012”, ripete l’ex primo ministro ogni volta che deve svicolare dalla domanda più complicata. E’ forse lo slogan più vero di tutta la campagna. Era il 2012 e Hollande appena eletto radunava un popolo di sinistra (e non solo) commosso davanti alla Bastiglia: era il giorno della rinascita dopo l’epoca Sarkozy, l’inizio di un’ondata di normalità che voleva risollevare la Francia e cambiare gli equilibri in Europa. E’ il 2017 e quello stesso presidente lascia la corsa per il secondo mandato con il consenso più basso rispetto ai suoi predecessori (sotto il 20 per cento) e il rischio di lasciare il Paese nelle mani o dell’avversario a destra François Fillon o dell’estremista Marine Le Pen.

I socialisti hanno cosi poche chance che la partita interna rischia di interessare solo i militanti più fedeli. In testa c’è malgrado tutto l’uomo del sistema, ex primo ministro ed ex titolare agli Interni. Voce impostata, un tipo bassotto che diventa rosso alla seconda replica e colleziona una lunga lista di accuse che vanno da “autoritario” a “razzista”. Si è beccato uno schiaffo alla fine di un comizio in Bretagna e non è dispiaciuto a troppi. E’ quello del “realismo e dell’essere pragmatici”, il politico che alle richieste sui migranti risponde chiedendo “maggiori controlli alle frontiere Ue” e che si trova costretto a dover difendere l’operato del governo uscente. E’ sua la proposta di detassare gli straordinari per aumentare il potere d’acquisto delle calssi medie. E’ considerato quello più di centro e se vincesse andrebbe a scontrarsi sul terreno del terzo incomodo della campagna elettorale, l’outsider Emannuel Macron. L’ex ministro dell’Economia si fa il suo gioco lontano dai partiti usando il linguaggio anti-casta e prende tempo: del suo programma non c’è ancora traccia perché, dicono, aspetta di vedere chi sarà l’avversario che uscirà dalle primarie. A competere con l’ex primo ministro per guidare i socialisti ci sono tre esponenti, noti in passato per aver lavorato insieme a un progetto che in Italia diremmo di “rottamazione” del partito."



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