domenica 7 giugno 2015

Turchia al voto con l’incognita curdaErdogan: musulmani votate per me - Corriere.it

Turchia al voto con l’incognita curdaErdogan: musulmani votate per me - Corriere.it: "È una vigilia di voto piena di tensioni quella sta vivendo sabato 6 giugno la Turchia. L’attesa per i comizi finali dei leader è funestata dalle polemiche sull’attentato di venerdì 5 giugno a Diyarbakir durante un comizio del Partito democratico del popolo (Hdp), lo schieramento filo-curdo, che ha causato la morte di 4 persone e 416 feriti. La certezza che una delle due esplosioni sia stata causata da una bomba costruita con una bombola di gas ha scatenato una ridda di accuse e sospetti. Già venerdì il presidente del Paese Recep Tayyip Erdogan, annunciando un rafforzamento delle misure di sicurezza, aveva parlato di «un’ombra gettata sul voto» . E sabato il premier Ahmet Davutoglu ha rincarato la dose parlando di «atti di sabotaggio e provocazioni».
Bavaglio alla stampa
Non si placano nemmeno le polemiche sulla libertà di stampa. Sabato il leader dell’opposizione Kemal Kiliçdaroglu ha accusato il governo di stare esercitando «un’intensa pressione sui media»ma il presidente ha rincarato la dose aprendo una nuova polemica con i giornali stranieri da sempre accusati di complottare contro la Turchia. Questa volta nel mirino ci è finito il Guardian: «Sapete cosa ha scritto un giornale britannico su queste elezioni? — ha dichiarato Erdogan — Che i musulmani poveri e non totalmente occidentalizzati non dovrebbero essere autorizzati a guidare questo Paese. Ma chi siete voi? Attenti a non oltrepassare il limite». Minacce che vanno ad aggiungersi a quelle contro il New York Times e alla richiesta di un ergastolo per il direttore del quotidiano Cumhuriyet, Can Dundar, «colpevole» di aver pubblicato immagini su un carico di armi per i ribelli siriani.
L’incognita curda
Posizioni, quelle del presidente, che denotano un certo nervosismo. Per l’Akp la posta in gioco, in questa tornata elettorale, è altissima. Il partito filoislamico punta a ottenere un quarto mandato parlamentare consecutivo. L’obiettivo è di raggiungere la soglia di 330 seggi per approvare cambiamenti alla Costituzione che saranno poi sottoposti a referendum. Ancor meglio sarebbe ottenere 367 seggi: questa quota, infatti, permette modifiche costituzionali senza referendum. Se questo fosse il risultato la Turchia volterebbe le spalle alla repubblica secolare voluta da Mustafa Kemal Ataturk per seguire il progetto neo Ottomano del suo presidente. Ma sui sogni di Erdogan pesano due incognite: il costante anche se lento calo di voti dell’Akp, provato dalla battuta d’arresto dell’economia e il possibile exploit dell’Hdp, il partito filocurdo guidato da Selahattin Demirtas che potrebbe superare la fatidica soglia del 10% e finire per la prima volta in Parlamento diventando così il quarto partito rappresentato. Se questo accadesse la maggioranza che vuole Erdogan sarebbe impossibile da ottenere.
Il voto religioso
La sfida curda ha messo il sale su queste elezioni. Conscio di giocarsi il tutto per tutto il presidente ha abbandonato ogni remora sulla neutralità che la sua carica imporrebbe buttandosi anima e corpo nell’arena elettorale. «In questo modo Erdogan - ha fatto notare la filosofa turco americana Seyla Benhabib durante gli Istanbul Seminars organizzati in questi giorni da Reset Dialogues on Civilization - ha fatto coincidere ancora di più le istituzioni con il suo partito, facendoli diventare una cosa sola. Anche se è improbabile che l’Akp conquisti i seggi sufficienti a far passare da solo le modifiche costituzionali, una nuova era minaccia la Turchia».
Il sultano di Ankara sa quanto forte sia la sua presa sull’elettorato, soprattutto quello fortemente religioso. Per questo si è presentato a diversi comizi con il Corano in mano invitando i musulmani a votare per il suo partito in un Paese abitato da una popolazione islamica al 99%.
La sfida di Demirtas
Tutto sta a vedere come finirà la scommessa del 41enne avvocato dei diritti umani leader dell’Hdp. Alla svolta presidenziale invocata dal presidente, il giovane Demirtas, soprannominato da alcuni l’Obama curdo, contrappone un’agenda democratico-socialista, fortemente critica contro il capitalismo occidentale e contraria a ogni discriminazione di tipo religioso, razziale o di genere. Nelle sue liste 268 dei 550 candidati sono donne e sono rappresentate anche le minoranze aleve, armene, assire, azere, circassianie. Lontano dalla lotta armata e dal Pkk, il leader dell’Hdp potrebbe attirare i voti di protesta di quanti si sono identificati nel movimento di Gezi Park che nel 2013 alzò la voce contro l’autoritarismo di Erdogan.
Sabato centinaia di manifestanti sono scesi in piazza a Diyarbakir, città curda del sudest della Turchia, per rendere omaggio ai quattro morti e ai 416 feriti, 25 dei quali in gravi condizioni, dell’attentato di venerdì. Demirtas ha invitato i suoi elettori a mantenere la calma. Anche se è difficile. All’alba di sabato diverse persone sono state arrestate a Istanbul in un’operazione contro un gruppo con presunti legami con il Pkk curdo.In molti casi si tratta di rappresentanti di lista del partito filo-curdo Hdp per il voto di domenica. I raid non sono ancora stati confermati dalle autorità ma già circolano da tempo i timori di brogli elettorali."


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