Le richieste di Cameron e l'Europa a due velocità - Europae: "Al netto dei rischi legati alla situazione economica e politica del Sud Europa e della complessità del dibattito politico in Europa, il 2015 potrebbe diventare a sorpresa un anno di riforme per l’Unione Europea. Le richieste di cambiamento manifestate con forza dal Regno Unito dopo le elezioni dello scorso maggio, unite all’esigenza di molti Paesi dell’eurozona di rafforzare l’unione economica e monetaria, stanno infatti disegnando un inatteso percorso di riforma dell’assetto istituzionale e politico dell’Europa. Le triangolazioni tra Londra, Berlino e Roma, il cambiamento di priorità deciso dalla Commissione Juncker e un consenso crescente circa l’esigenza di scendere a compromessi con David Cameron per evitare la “Brexit” hanno cambiato il clima politico in Europa.
Londra verso il referendum
Il punto di partenza della discussione è che il Regno Unito non scherza affatto sul suo futuro europeo. Uscito trionfatore dalle elezioni, il premier Cameron ha confermato l’intenzione del governo britannico di tenere un referendum sulla permanenza del suo Paese nell’UE entro il 2017. Il voto potrebbe persino essere anticipato al 2016, si dice a Londra, per rispondere alle richieste dell’ala conservatrice dei Tories e ai partner europei, che vorrebbero risolvere la questione nel più breve tempo possibile.
Il governo non conferma, ma un voto nel 2016 potrebbe scongiurare un’ulteriore radicalizzazione del confronto causata dal protrarsi del dibattito e dal possibile affievolirsi dell’effetto della legittimazione democratica ottenuta dal governo. Cameron vorrebbe un confronto sereno che favorisca il fronte del “sì” alla permanenza in Europa, ottenendo dall’UE concessioni nei settori chiave dell’immigrazione e della sovranità parlamentare nazionale.
Immigrazione e sovranità democratica
All’indomani della rielezione, Cameron ha rimodulato le richieste britanniche in tema di immigrazione. Dalla limitazione all’ingresso di cittadini di altri Stati membri, il governo britannico ha scelto un approccio più conciliante, condivisibile anche da Paesi come la Germania, che si è sempre battuta a difesa della libera circolazione dei cittadini UE. Le limitazioni chieste da Cameron riguarderebbero oggi l’accesso ai benefici previdenziali, che si vorrebbero condizionati a un periodo minimo di lavoro nel Paese di arrivo. Sul tema dei migranti provenienti da Paesi terzi, Cameron vorrebbe inoltre rassicurazioni sull’esclusione del Regno Unito dal sistema delle quote in discussione a Bruxelles.
Per quanto riguarda l’assetto politico-istituzionale, Londra chiede la possibilità di recedere dall’impegno a lavorare per un’unione “sempre più stretta” previsto dal preambolo del Trattato di Lisbona. Secondo quanto rivelano fonti diplomatiche citate da molti quotidiani europei, il governo britannico deriverebbe da tale principio la concessione ai parlamenti nazionali di un potere di veto collettivo rispetto a decisioni legislative assunte a livello europeo. Westminster non chiederebbe per sé il potere di impedire l’entrata in vigore di misure decise a Bruxelles e Strasburgo, ma condividerebbe questa prerogativa con gli altri parlamenti degli Stati membri e potrebbe esercitarlo insieme a un numero minimo di assemblee nazionali.
Un’Europa a due velocità?
Lo scenario “inglesi contro tutti” – temuto all’indomani delle elezioni britanniche – sembra oggi superato, come dimostrano anche le dichiarazioni concilianti di Juncker e Merkel. Il vero tema in agenda è quello di trasformare l’UE per renderla capace di rispondere alle sfide provenienti dallo scenario internazionale e dal nuovo contesto socio-economico interno agli Stati membri. Il Consiglio Europeo di giugno sarà un importante momento di confronto che consentirà di definire i contorni di un processo politico che potrebbe cambiare l’UE così come la conosciamo, arrivando dopo il referendum britannico anche ad una revisione dei trattati.
La vecchia idea di “Europa e due velocità” potrebbe rappresentare il punto di equilibrio tra l’esigenza manifestata da Paesi come Germania, Italia e Francia di integrare maggiormente l’eurozona e quella manifestata da altri, Regno Unito in testa, che chiedono di fermare il processo di accentramento dei poteri a Bruxelles e di restituire molti settori alle istituzioni della sovranità democratica nazionale. Mantenere integro il mercato unico, tenere Londra all’interno dell’UE scongiurando un pericoloso processo di disgregazione e consentire una maggiore integrazione ai Paesi dell’eurozona. La prospettiva inizia a piacere a molti."
Londra verso il referendum
Il punto di partenza della discussione è che il Regno Unito non scherza affatto sul suo futuro europeo. Uscito trionfatore dalle elezioni, il premier Cameron ha confermato l’intenzione del governo britannico di tenere un referendum sulla permanenza del suo Paese nell’UE entro il 2017. Il voto potrebbe persino essere anticipato al 2016, si dice a Londra, per rispondere alle richieste dell’ala conservatrice dei Tories e ai partner europei, che vorrebbero risolvere la questione nel più breve tempo possibile.
Il governo non conferma, ma un voto nel 2016 potrebbe scongiurare un’ulteriore radicalizzazione del confronto causata dal protrarsi del dibattito e dal possibile affievolirsi dell’effetto della legittimazione democratica ottenuta dal governo. Cameron vorrebbe un confronto sereno che favorisca il fronte del “sì” alla permanenza in Europa, ottenendo dall’UE concessioni nei settori chiave dell’immigrazione e della sovranità parlamentare nazionale.
Immigrazione e sovranità democratica
All’indomani della rielezione, Cameron ha rimodulato le richieste britanniche in tema di immigrazione. Dalla limitazione all’ingresso di cittadini di altri Stati membri, il governo britannico ha scelto un approccio più conciliante, condivisibile anche da Paesi come la Germania, che si è sempre battuta a difesa della libera circolazione dei cittadini UE. Le limitazioni chieste da Cameron riguarderebbero oggi l’accesso ai benefici previdenziali, che si vorrebbero condizionati a un periodo minimo di lavoro nel Paese di arrivo. Sul tema dei migranti provenienti da Paesi terzi, Cameron vorrebbe inoltre rassicurazioni sull’esclusione del Regno Unito dal sistema delle quote in discussione a Bruxelles.
Per quanto riguarda l’assetto politico-istituzionale, Londra chiede la possibilità di recedere dall’impegno a lavorare per un’unione “sempre più stretta” previsto dal preambolo del Trattato di Lisbona. Secondo quanto rivelano fonti diplomatiche citate da molti quotidiani europei, il governo britannico deriverebbe da tale principio la concessione ai parlamenti nazionali di un potere di veto collettivo rispetto a decisioni legislative assunte a livello europeo. Westminster non chiederebbe per sé il potere di impedire l’entrata in vigore di misure decise a Bruxelles e Strasburgo, ma condividerebbe questa prerogativa con gli altri parlamenti degli Stati membri e potrebbe esercitarlo insieme a un numero minimo di assemblee nazionali.
Un’Europa a due velocità?
Lo scenario “inglesi contro tutti” – temuto all’indomani delle elezioni britanniche – sembra oggi superato, come dimostrano anche le dichiarazioni concilianti di Juncker e Merkel. Il vero tema in agenda è quello di trasformare l’UE per renderla capace di rispondere alle sfide provenienti dallo scenario internazionale e dal nuovo contesto socio-economico interno agli Stati membri. Il Consiglio Europeo di giugno sarà un importante momento di confronto che consentirà di definire i contorni di un processo politico che potrebbe cambiare l’UE così come la conosciamo, arrivando dopo il referendum britannico anche ad una revisione dei trattati.
La vecchia idea di “Europa e due velocità” potrebbe rappresentare il punto di equilibrio tra l’esigenza manifestata da Paesi come Germania, Italia e Francia di integrare maggiormente l’eurozona e quella manifestata da altri, Regno Unito in testa, che chiedono di fermare il processo di accentramento dei poteri a Bruxelles e di restituire molti settori alle istituzioni della sovranità democratica nazionale. Mantenere integro il mercato unico, tenere Londra all’interno dell’UE scongiurando un pericoloso processo di disgregazione e consentire una maggiore integrazione ai Paesi dell’eurozona. La prospettiva inizia a piacere a molti."
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