L’Africa contro il Califfato di Boko Haram: "Gli occhi ora sono puntati su tre città del Medio Oriente: Palmira, Damasco e Baghdad.
La prima è già caduta. L’esercito regolare siriano non è riuscito a spezzare l’attacco dell’Isis ed stato costretto a battere in ritirata. Magra ma significativa consolazione, i soldati di Assad sono riusciti a portare in salvo centinaia di statue dal valore inestimabile. E visto che la furiosa ignoranza dei miliziani fondamentalisti si sarebbe scagliata primariamente sulle figure antropomorfe, per adesso il mondo può tirare un sospiro di sollievo. Per quanto riguarda gli altri reperti, per, il destino è ancora incerto.
Con la conquista d Palmira, la Siria si trova spezzata a metà. ora l’ultimo bastione rimane Damasco, dove i cittadini si sono già detti pronti ad imbracciare le armi. L’Occidente adesso si trova quanto meno in imbarazzo. Troppo coinvolto per lasciar correre sulle atrocità degli estremisti, troppo sbilanciato per intervenire direttamente sul territorio di Assad. In pratica, come accaduto fino ad ora, rimane a guardare impotente. Per assurdo, i pochi su cui riporre le speranze sono i soldati libanesi di Hezbollah. Tra l’altro, Hassan Nasrallah, leader del più grande partito sciita di Beirut,ha apertamente dichiarato che i suoi uomini “combattono in Siria contro l’Isis”. Non è certo una novità né un mistero che Hezbollah stesse combattendo dalla parte di Assad, ma ancora non erano state fatte ammissioni del genere.
Non solo in Siria, ma anche in Iraq le milizie sciite sono diventati l’ultima speranza contro l’avanzata dell’Isis. L’esercito iracheno a stento riesce a resistere alle ondate dei fondamentalisti e ora Baghdad è nel mirino. Per alcuni, i soldati del Califfo sarebbero già alle porte della città. Altri hanno abbandonato le proprie abitazioni. Panico totale, dunque, secondo le notizie che ci giungono.
Le domande sono sempre le stesse. Dove sono gli americani ora? Che fa l’Occidente? Perfino la Russia, che aveva promesso di inviare i suoi Speznatz, ancora rimane immobile. I raid aerei seguitano a non avere successo e, anzi, altro non fanno che alimentare la furia degli jihadisti. In un primo momento sembrava che gli USA avessero trovato la strada giusta, uccidendo il “ministro del Tesoro” dell’Isis, in un raid utilizzando le forze speciali. Doveva essere quella la via, che sembra essere la più efficace. In effetti non è semplice. Come spiegare a 700 milioni di americani che dopo quasi dieci anni di guerra ed una ritirata ormai effettuata, ora sarebbe il momento di fare dietro-front per combattere gli islamisti?
Quello che non tutti tengono a mente è che, però, il Califfato Isis non è un caso unico. In un’altra parte del mondo, a diverse migliaia di chilometri dalla Siria e dall’Iraq, è sorto da alcuni mesi un nuovo Stato sunnita. I suoi militanti sono tra i più sanguinari sulla scena dell’estremismo sunnita. Sono passati alla ribalta delle cronache per aver rapito e brutalizzato oltre 300 ragazze. Hanno massacrato migliaia di cristiani, distrutto chiese e addirittura si sono serviti di bambini-kamikaze di 10 anni. Siamo in Africa occidentale, in Nigeria, e stiamo parlando di Boko Haram. Questi feroci jihadisti, sono riusciti quasi a creare una zona franca sul confine tra la Nigeria e il Camerun, erigendo di fatto uno Stato federato con l’Isis. Si tratta di un’area grande quanto il Belgio. Ad oggi contano più di 5.000 adepti, asseriscono fonti non ufficiali, ma il numero esatto è difficile da conoscere. Anche perchè il reclutamento per loro, per certi versi è più facile. Mentre l’Isis del Califfo Al Baghdadi deve fare opera di proselitismo per convincere i giovani ad arruolarsi, nelle zone più povere dell’Africa basta promettere pane per armare qualcuno. Se poi oltre al cibo si può offrire un paradiso eterno, si capisce che la proposta diventa più allettante per chi non ha nulla.
Il Governo di Lagos ha dichiarato guerra a questa fazione già da tempo, ma con scarsissimi risultati. All’inizio il problema era contenuto entro i limiti della Nigeria. Ma lo sconfinamento nei Paesi limitrofi e la vicinanza con il Mali, dove i francesi si sono impelagati in un nuovo “Afghanistan”, ha fatto letteralmente degenerare la situazione."
La prima è già caduta. L’esercito regolare siriano non è riuscito a spezzare l’attacco dell’Isis ed stato costretto a battere in ritirata. Magra ma significativa consolazione, i soldati di Assad sono riusciti a portare in salvo centinaia di statue dal valore inestimabile. E visto che la furiosa ignoranza dei miliziani fondamentalisti si sarebbe scagliata primariamente sulle figure antropomorfe, per adesso il mondo può tirare un sospiro di sollievo. Per quanto riguarda gli altri reperti, per, il destino è ancora incerto.
Con la conquista d Palmira, la Siria si trova spezzata a metà. ora l’ultimo bastione rimane Damasco, dove i cittadini si sono già detti pronti ad imbracciare le armi. L’Occidente adesso si trova quanto meno in imbarazzo. Troppo coinvolto per lasciar correre sulle atrocità degli estremisti, troppo sbilanciato per intervenire direttamente sul territorio di Assad. In pratica, come accaduto fino ad ora, rimane a guardare impotente. Per assurdo, i pochi su cui riporre le speranze sono i soldati libanesi di Hezbollah. Tra l’altro, Hassan Nasrallah, leader del più grande partito sciita di Beirut,ha apertamente dichiarato che i suoi uomini “combattono in Siria contro l’Isis”. Non è certo una novità né un mistero che Hezbollah stesse combattendo dalla parte di Assad, ma ancora non erano state fatte ammissioni del genere.
Non solo in Siria, ma anche in Iraq le milizie sciite sono diventati l’ultima speranza contro l’avanzata dell’Isis. L’esercito iracheno a stento riesce a resistere alle ondate dei fondamentalisti e ora Baghdad è nel mirino. Per alcuni, i soldati del Califfo sarebbero già alle porte della città. Altri hanno abbandonato le proprie abitazioni. Panico totale, dunque, secondo le notizie che ci giungono.
Le domande sono sempre le stesse. Dove sono gli americani ora? Che fa l’Occidente? Perfino la Russia, che aveva promesso di inviare i suoi Speznatz, ancora rimane immobile. I raid aerei seguitano a non avere successo e, anzi, altro non fanno che alimentare la furia degli jihadisti. In un primo momento sembrava che gli USA avessero trovato la strada giusta, uccidendo il “ministro del Tesoro” dell’Isis, in un raid utilizzando le forze speciali. Doveva essere quella la via, che sembra essere la più efficace. In effetti non è semplice. Come spiegare a 700 milioni di americani che dopo quasi dieci anni di guerra ed una ritirata ormai effettuata, ora sarebbe il momento di fare dietro-front per combattere gli islamisti?
Quello che non tutti tengono a mente è che, però, il Califfato Isis non è un caso unico. In un’altra parte del mondo, a diverse migliaia di chilometri dalla Siria e dall’Iraq, è sorto da alcuni mesi un nuovo Stato sunnita. I suoi militanti sono tra i più sanguinari sulla scena dell’estremismo sunnita. Sono passati alla ribalta delle cronache per aver rapito e brutalizzato oltre 300 ragazze. Hanno massacrato migliaia di cristiani, distrutto chiese e addirittura si sono serviti di bambini-kamikaze di 10 anni. Siamo in Africa occidentale, in Nigeria, e stiamo parlando di Boko Haram. Questi feroci jihadisti, sono riusciti quasi a creare una zona franca sul confine tra la Nigeria e il Camerun, erigendo di fatto uno Stato federato con l’Isis. Si tratta di un’area grande quanto il Belgio. Ad oggi contano più di 5.000 adepti, asseriscono fonti non ufficiali, ma il numero esatto è difficile da conoscere. Anche perchè il reclutamento per loro, per certi versi è più facile. Mentre l’Isis del Califfo Al Baghdadi deve fare opera di proselitismo per convincere i giovani ad arruolarsi, nelle zone più povere dell’Africa basta promettere pane per armare qualcuno. Se poi oltre al cibo si può offrire un paradiso eterno, si capisce che la proposta diventa più allettante per chi non ha nulla.
Il Governo di Lagos ha dichiarato guerra a questa fazione già da tempo, ma con scarsissimi risultati. All’inizio il problema era contenuto entro i limiti della Nigeria. Ma lo sconfinamento nei Paesi limitrofi e la vicinanza con il Mali, dove i francesi si sono impelagati in un nuovo “Afghanistan”, ha fatto letteralmente degenerare la situazione."
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