venerdì 13 marzo 2015

Per papa Francesco l’Africa è più di una questione geografica - Renato Kizito Sesana - Internazionale

Per papa Francesco l’Africa è più di una questione geografica - Renato Kizito Sesana - Internazionale: "Un papa che parla più di Gesù e di Vangelo che di chiesa, più di gioia, compassione e misericordia che di legge e valori non negoziabili, più di uscire e servire che di difendere e proclamare. Davvero, pochi della mia generazione ormai osavano sperare che la primavera del Concilio vaticano II sarebbe tornata.

Ma in Africa i cambiamenti promossi da papa Francesco non sono ancora arrivati. Dopotutto non abbiamo le stesse stagioni dell’Europa, e Bergoglio pubblicamente ha interagito ben poco con l’Africa, a parte i necessari appelli alla pace e qualche parola durante le visite ad limina delle conferenze episcopali africane.
Durante il suo primo viaggio pastorale, a Lampedusa, lo abbiamo visto incontrarsi con africani appena sbarcati dalla costa libica. Lui era di fronte a un mondo nuovo, che non aveva mai incontrato faccia a faccia, e i profughi, in maggioranza musulmani, sì e no sapevano chi fosse il papa, tanto meno papa Francesco.

Ci sono stati altri viaggi, le prime nomine cardinalizie nel febbraio del 2014, e tra i nuovi 16 cardinali elettori c’erano due arcivescovi dell’Africa occidentale: Jean-Pierre Kutwa, di Abidjan, e il poco conosciuto Philippe Ouédraogo, di Ouagadougou, da famiglia in maggioranza musulmana, che si autodefinisce piccolo pastore della savana burkinabé . Ma a confronto con le altre nomine non costituivano una gran novità e non hanno generato grande interesse.

Nel frattempo non ci sono state nomine di africani a cariche importanti a Roma. Anche questo significa poco, perché Francesco non esprime la sua considerazione per un pastore portandolo a lavorare in Vaticano. In ogni caso l’Africa è scomparsa degli orizzonti della chiesa, mentre sono emerse con forza, ovviamente, l’America Latina e successivamente l’Asia. L’anno scorso si era parlato di una visita papale in Camerun, ipotesi che era stata suffragata da un’udienza concessa a Paul Biya, il suo presidente cattolico (ahimé per i cattolici) e figlio di catechisti. Ma qualcosa non deve aver convinto papa Francesco, probabilmente proprio il fatto che in Camerun ci sia un rapporto non del tutto chiaro tra chiesa e politica . E di visitare questo paese non si è più parlato. Chi è attento alle cose africane poi non ha mancato di notare che nel corso della prima fase del sinodo sulla famiglia, il cardinal Kasper in un’intervista ebbe una frase infelice che lasciava intravedere un giudizio molto pesante su tutto l’episcopato africano, e nessuno ritenne necessaria una puntualizzazione.

Nel secondo concistoro, celebrato nel febbraio di quest’anno, i nuovi cardinali africani elettori sono due: Berhaneyesus Souraphiel, arcieparca di Addis Abeba, e Arlindo Furtado, vescovo di Santiago di Capo Verde. Due pastori di diocesi con un piccolo numero di cattolici, periferici in tutti i sensi, ma periferici anche rispetto all’Africa nera, l’Africa della grande esplosione numerica del secolo scorso, mai vista in precedenza nella storia della chiesa. Quell’Africa che con quasi duecento milioni di fedeli in rapida crescita costituisce ormai il 17 per cento della cattolicità, e che, non dimentichiamolo, alla vigilia degli ultimi due conclavi si sentiva autorizzata a reclamare che fosse venuto il tempo di un papa africano.

La chiesa africana è assente dall’agenda di papa Francesco? Eppure in Africa molti si aspettano una sua visita. Lo scorso 26 novembre ho accompagnato un gruppo di miei ex ragazzi di strada keniani a incontrarlo dopo l’udienza generale. Sono rimasti conquistati da Francesco anche solo per i pochi istanti in cui ha detto qualche parola e hanno sentito una carezza della sua mano. Ma poi la domanda insistente era: ma quando viene in Africa? Quando viene da noi a Kibera? Non pochi altri se lo domandano in Africa."

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