La Stampa - Appello del Papa per la pace in Libia, Medio Oriente e Ucraina: "Papa Francesco ha fatto propria la richiesta di pace dei vescovi ucraini presenti in Vaticano per la visita ad limina apostolorum, a conclusione dell’udienza generale in piazza San Pietro, ha fatto appello per la pace in Maghreb e Medio Oriente, e, tornando a ricordare i copti egiziani uccisi dagli jihadisti in Libia «per il solo fatto di essere cristiani», ha espresso l’auspicio che la comunità internazionale trovi «soluzioni pacifiche» in Libia. Proseguendo un ciclo dedicato alla famiglia, Jorge Mario Bergoglio aveva dedicato la catechesi al tema della «fraternità».
«Vorrei invitare ancora a pregare per i nostri fratelli egiziani che tre giorni fa sono stati uccisi in Libia per il solo fatto di essere cristiani. Il Signore li accolga nella sua casa e dia conforto alle loro famiglie e alle loro comunità», ha detto papa Francesco. «Preghiamo anche per la pace in Medio Oriente e nel Nord Africa, ricordando tutti i defunti, i feriti e i profughi. Possa la comunità internazionale trovare soluzioni pacifiche alla difficile situazione in Libia». Sempre durante i saluti in lingua, il Papa ha salutato così i vescovi e i fedeli ucraini: «Fratelli e sorelle, so che tra le tante alte intenzioni che portate alle tombe degli Apostoli c'è la richiesta della pace in Ucraina. Porto nel cuore lo stesso desiderio e mi unisco alla vostra preghiera, perché al più presto venga la pace duratura patria». Il Papa ha rivolto ai vescovi ucraini un saluto in lingua.
«Fratello e sorella sono parole che il cristianesimo ama molto», ha detto Francesco. «Sappiamo che quando il rapporto fraterno si rovina, quando si rovina questo rapporto fra fratelli, apre la strada ad esperienze dolorose di conflitto, di tradimento, di odio. Quando si rompe il legame fra fratelli – ha proseguito a braccio – diviene una cosa brutta, anche cattiva per l’umanità. E anche in famiglia, quanti fratelli hanno litigato per piccole cose, o per un’eredità, e poi non si parlano più, non si salutano più… Ma questo è brutto. La fratellanza è una cosa grande, pensare che tutti e due, tutti i fratelli hanno abitato il grembo della stessa mamma durante nove mesi, vengono dalla carne della mamma! E non si può rompere la fratellanza. Pensiamo un po’, tutti conosciamo famiglie che hanno i fratelli divisi, che hanno litigato, pensiamo un po’ e chiediamo al Signore per queste famiglie – forse nella nostra famiglia ci sono alcuni casi – perché il Signore ci aiuti a riunire i fratelli, ricostituire la famiglia. La fratellanza non si deve rompere e quando si rompe succede quello che è accaduto con Caino e Abele e quando il Signore domanda a Caino dov’era suo fratello: “Ma, io non so, a me non importa di mio fratello”. Questo è brutto, è una cosa molto, molto dolorosa da sentire. Ma, nelle nostre preghiere sempre preghiamo per i fratelli che si sono divisi». Al contrario, se il legame di fraternità, «avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace». Il legame di fraternità, poi, può «oltrepassare ogni differenza di nazione, di lingua, di cultura e persino di religione. Pensate che cosa diventa il legame fra gli uomini, anche diversissimi fra loro, quando possono dire di un altro: “Questo è proprio come un fratello, questa è proprio come una sorella per me!”. È bello questo, è bello! La storia – ha proseguito – ha mostrato a sufficienza, del resto, che anche la libertà e l’uguaglianza, senza la fraternità, possono riempirsi di individualismo e di conformismo, anche di interesse».
Inoltre, «i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno “diritto” di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli. Quando questo accade, quando i poveri sono come di casa, la nostra stessa fraternità cristiana riprende vita. I cristiani, infatti, vanno incontro ai poveri e deboli non per obbedire a un programma ideologico, ma perché la parola e l’esempio del Signore ci dicono che tutti siamo fratelli». Quanto alle famiglie, la fraternità «risplende in modo speciale quando vediamo la premura, la pazienza, l’affetto di cui vengono circondati il fratellino o la sorellina più deboli, malati, o portatori di handicap. I fratelli e le sorelle che fanno questo sono moltissimi, in tutto il mondo, e forse non apprezziamo abbastanza la loro generosità. E quando i fratelli sono tanti in famiglia – oggi, ho salutato una famiglia, che ha nove figli – il più grande o la più grande, aiuta il papà, la mamma, a curare i più piccoli. E questo è bello, questo lavoro di aiuto fra i fratelli». In generale, «oggi più che mai è necessario riportare la fraternità al centro della nostra società tecnocratica e burocratica: allora anche la libertà e l’uguaglianza prenderanno la loro giusta intonazione. Perciò, non priviamo a cuor leggero le nostre famiglie, per soggezione o per paura, della bellezza di un’ampia esperienza fraterna di figli e figlie». "
«Vorrei invitare ancora a pregare per i nostri fratelli egiziani che tre giorni fa sono stati uccisi in Libia per il solo fatto di essere cristiani. Il Signore li accolga nella sua casa e dia conforto alle loro famiglie e alle loro comunità», ha detto papa Francesco. «Preghiamo anche per la pace in Medio Oriente e nel Nord Africa, ricordando tutti i defunti, i feriti e i profughi. Possa la comunità internazionale trovare soluzioni pacifiche alla difficile situazione in Libia». Sempre durante i saluti in lingua, il Papa ha salutato così i vescovi e i fedeli ucraini: «Fratelli e sorelle, so che tra le tante alte intenzioni che portate alle tombe degli Apostoli c'è la richiesta della pace in Ucraina. Porto nel cuore lo stesso desiderio e mi unisco alla vostra preghiera, perché al più presto venga la pace duratura patria». Il Papa ha rivolto ai vescovi ucraini un saluto in lingua.
«Fratello e sorella sono parole che il cristianesimo ama molto», ha detto Francesco. «Sappiamo che quando il rapporto fraterno si rovina, quando si rovina questo rapporto fra fratelli, apre la strada ad esperienze dolorose di conflitto, di tradimento, di odio. Quando si rompe il legame fra fratelli – ha proseguito a braccio – diviene una cosa brutta, anche cattiva per l’umanità. E anche in famiglia, quanti fratelli hanno litigato per piccole cose, o per un’eredità, e poi non si parlano più, non si salutano più… Ma questo è brutto. La fratellanza è una cosa grande, pensare che tutti e due, tutti i fratelli hanno abitato il grembo della stessa mamma durante nove mesi, vengono dalla carne della mamma! E non si può rompere la fratellanza. Pensiamo un po’, tutti conosciamo famiglie che hanno i fratelli divisi, che hanno litigato, pensiamo un po’ e chiediamo al Signore per queste famiglie – forse nella nostra famiglia ci sono alcuni casi – perché il Signore ci aiuti a riunire i fratelli, ricostituire la famiglia. La fratellanza non si deve rompere e quando si rompe succede quello che è accaduto con Caino e Abele e quando il Signore domanda a Caino dov’era suo fratello: “Ma, io non so, a me non importa di mio fratello”. Questo è brutto, è una cosa molto, molto dolorosa da sentire. Ma, nelle nostre preghiere sempre preghiamo per i fratelli che si sono divisi». Al contrario, se il legame di fraternità, «avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace». Il legame di fraternità, poi, può «oltrepassare ogni differenza di nazione, di lingua, di cultura e persino di religione. Pensate che cosa diventa il legame fra gli uomini, anche diversissimi fra loro, quando possono dire di un altro: “Questo è proprio come un fratello, questa è proprio come una sorella per me!”. È bello questo, è bello! La storia – ha proseguito – ha mostrato a sufficienza, del resto, che anche la libertà e l’uguaglianza, senza la fraternità, possono riempirsi di individualismo e di conformismo, anche di interesse».
Inoltre, «i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno “diritto” di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli. Quando questo accade, quando i poveri sono come di casa, la nostra stessa fraternità cristiana riprende vita. I cristiani, infatti, vanno incontro ai poveri e deboli non per obbedire a un programma ideologico, ma perché la parola e l’esempio del Signore ci dicono che tutti siamo fratelli». Quanto alle famiglie, la fraternità «risplende in modo speciale quando vediamo la premura, la pazienza, l’affetto di cui vengono circondati il fratellino o la sorellina più deboli, malati, o portatori di handicap. I fratelli e le sorelle che fanno questo sono moltissimi, in tutto il mondo, e forse non apprezziamo abbastanza la loro generosità. E quando i fratelli sono tanti in famiglia – oggi, ho salutato una famiglia, che ha nove figli – il più grande o la più grande, aiuta il papà, la mamma, a curare i più piccoli. E questo è bello, questo lavoro di aiuto fra i fratelli». In generale, «oggi più che mai è necessario riportare la fraternità al centro della nostra società tecnocratica e burocratica: allora anche la libertà e l’uguaglianza prenderanno la loro giusta intonazione. Perciò, non priviamo a cuor leggero le nostre famiglie, per soggezione o per paura, della bellezza di un’ampia esperienza fraterna di figli e figlie». "
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