domenica 1 febbraio 2015

Dossetti, dove sono i politici cristiani? | Cultura | www.avvenire.it

Dossetti, dove sono i politici cristiani? | Cultura | www.avvenire.it: "Benché prete ormai già da tre anni, ancora nel 1962 Giuseppe Dossetti non riusciva a staccarsi dalla politica italiana. È quanto emerge da un importante testo inedito su Chiesa e Stato, trascrizione di un lungo intervento a un convegno tenuto a Villa Cagnola di Gazzada, ora pubblicato dal Mulino col titolo Gli equivoci del cattolicesimo politico (pagine 254, euro 20), assieme a un’altra sua conferenza del 1957 su analogo argomento. Quell’intervento non fu però una sua iniziativa: Dossetti rispose infatti a un invito di monsignor Carlo Colombo, come emerge dalla corrispondenza tra i due pubblicata anch’essa in questo volume.

L’invito si inserisce in una fase di trasformazione del rapporto tra Chiesa e politica in Italia e nel contesto di un dibattito sul centro-sinistra molto vivace, in particolare a Milano "laboratorio" d’Italia. Sono gli anni dell’episcopato di Giovanni Battista Montini, "promosso" alla sede milanese a seguito delle pressioni del "partito romano" che, da Ottaviani a Pizzardo, ne volevano bloccare la possibile ascesa al pontificato.

Di lì a poco fu accusato di sostenere l’apertura a sinistra e dovette giustificarsi con Pio XII smentendo questa voce. Nasce così il complicato rapporto tra Montini e il centro-sinistra, richiamato sinteticamente nell’appassionata Introduzione di Alessandro Barchi a questo volume nei termini di una sconfitta dell’arcivescovo di Milano che, contrario al centro-sinistra, dovette subire nel gennaio 1961 la formazione di una giunta con i socialisti nel capoluogo lombardo, cui seguì, per timore di subire una totale emarginazione dalla vita politica milanese e nazionale, il cedimento montiniano nel dicembre dello stesso anno al nuovo corso della politica italiana. In mezzo a questi due momenti, e precisamente nel novembre ’61, si colloca l’invito a Dossetti di monsignor Carlo Colombo, teologo molto vicino a Montini.
 
In realtà, il rapporto tra Montini e il centro-sinistra è stato più complesso di come finora ricostruito. Negli anni cinquanta, i vescovi italiani si sono interrogati a lungo su un voto comunista che continuava a crescere, individuandone la causa principale in una diffusione della "laicità" intesa come diminuzione dell’obbedienza dovuta dai fedeli cattolici all’autorità ecclesiastica. È questo il motivo che ha ispirato nel 1959 la lettera dell’episcopato al clero italiano sulla laicità, verso cui invece Montini nutrì forti perplessità. Per l’arcivescovo di Milano, infatti, il problema era più complesso: si trattava di uno smarrimento del "senso religioso" che portava alla crescita dei "lontani" e che richiedeva un più vigoroso impegno missionario dei credenti e una maggiore autenticità della loro testimonianza cristiana, secondo una prospettiva che richiama per certi versi l’insegnamento di Papa Francesco.

Per Montini, il centro-sinistra non era un problema solo politico. I cattolici che lo proponevano erano consapevoli della sfida religiosa e culturale posta dall’alleanza con un Partito socialista laico e vicino ai comunisti? Almeno per molti di loro la risposta appariva decisamente negativa, come nel caso dei giovani della corrente di Base, che a Milano avevano conquistato la leadership della Democrazia cristiana.
Per Montini, insomma, il problema non era tanto se la Dc doveva allearsi con i socialisti (mentre fin dal 1953 monsignor Colombo si era dichiarato addirittura favorevole a questa prospettiva) quanto come dovesse farlo: poteva infatti essere un’occasione di riavvicinamento dei "lontani", come sosteneva Lazzati, o rappresentare invece un grave cedimento a valori incompatibili con la tradizione cattolica. Nel tempo, perciò, Montini si è posto sempre di più l’obiettivo di rafforzare spiritualmente e culturalmente la classe dirigente cattolica in questa nuova stagione politica.

L’invito a Dossetti si colloca dentro questo disegno. Monsignor Carlo Colombo, infatti, partecipò al Convegno di San Pellegrino (voluto da Aldo Moro nel settembre 1961 per caricare di significato culturale oltre che politico il centro-sinistra) ricavandone la sensazione di una certa debolezza sul terreno "dottrinale" soprattutto tra i democristiani più giovani. Bisognava perciò aiutarli a riscoprire le motivazioni "cattoliche" del loro impegno politico, problema che, la storia lo insegna, non perde mai di attualità. E Dossetti sembrò a Montini e a Colombo la persona adatta. Il suo fascino era infatti ancora molto forte, come emerse dalla relazione di Achille Ardigò a San Pellegrino. Da tempo, egli non era più il leader democristiano che ancora nel 1951 aveva descritto ai giuristi cattolici l’immagine di uno Stato animato da una spinta cristiana. Poco dopo, infatti, aveva lasciato il partito scommettendo - contro Fanfani, La Pira e tutti i suoi amici che avevano continuato nell’impegno politico - sull’incapacità della Dc di realizzare una politica veramente cristiana (in Italia, ribadì nuovamente nel 1962, i veri cattolici erano solo una minoranza).

Ma, sebbene diventato sacerdote, Dossetti continuava ad interrogarsi sul senso di una "politica cristiana" che, come osserva giustamente Paolo Pombeni nella Postfazione a questo volume, costituì il vero tema della relazione da lui tenuta a Villa Cagnola. E nel 1962 a Montini e Colombo interessava che qualcuno sferzasse un gruppo dirigente democristiano in crisi di identità proprio mentre si avviava verso un rischioso incontro con i socialisti. Nessuno poteva farlo più efficacemente del loro ex leader carismatico. "

'via Blog this'

Nessun commento: