venerdì 10 ottobre 2014

La Stampa - I cristiani siriani e il “Nuovo Ordine” jihadista

La Stampa - I cristiani siriani e il “Nuovo Ordine” jihadista: "La vicenda del prete siriano Hanna Jallouf e dei suoi quasi venti parrocchiani, sequestrati nella notte tra domenica e lunedì scorsi nel villaggio di Knayeh da una brigata di miliziani jihadisti, sembra volgere verso un esito positivo. E i nuovi particolari emersi col trascorrere delle ore chiariscono un quadro finora rimasto confuso. Adesso appare evidente che non si è trattato di un rapimento a scopo di estorsione, ma di una misura punitiva messa in atto su disposizione del Tribunale islamico di Darkush, a pochi chilometri da Knayeh.

Questa mattina il parroco francescano è stato rilasciato da chi lo teneva segregato a qualche chilometro dalla sua parrocchia. Le quattro donne che facevano parte del gruppo di parrocchiani prelevati insieme a lui erano già state messe in libertà nella giornata di ieri. Ma almeno cinque uomini – spiegano a Vatican Insider fonti locali -  rimangono ancora segregati, in attesa dei verdetti della Corte islamica. E su mandato dello stesso Tribunale, al francescano è stato intimato di non lasciare il villaggio.

È lecito pensare che tutta l’operazione sia stata condotta su input o con l’avallo dell’organismo garante del “nuovo ordine” che gli islamisti vogliono imporre nelle aree cadute sotto il loro controllo. Proprio a quel Tribunale il sacerdote della Custodia francescana di Terrasanta aveva fatto ricorso nei giorni precedenti al blitz dei miliziani in parrocchia, per denunciare i crescenti soprusi subiti da parte delle brigate di islamisti armati che nelle ultime settimane avevano messo mano ai terreni del convento, sequestrato il raccolto delle olive e iniziato ad accampare pretese sulla casa delle suore.

Nella vicenda del prete cattolico e dei suoi fedeli sospesi all’arbitrio della Corte islamica, a cui pure il parroco si era rivolto per chiedere giustizia, si concentrano elementi chiave per cogliere le fragilità, le incertezze e i chiaroscuri che segnano la condizione vissuta sul campo dai cristiani in Siria, sottraendola a ogni lettura parziale o interessata.

Quando in Siria è iniziata la sollevazione contro Assad, sul mainstream mediatico occidentale si sono mosse accuse indiscriminate ai cristiani siriani per la loro presunta connivenza col regime siriano. In effetti, quando i ribelli sfondarono nella regione di Knayeh, alcuni cristiani con un prete ortodosso lasciarono precipitosamente il vicino villaggio di Yacoubieh, perché considerati troppo vicini agli apparati del governo. Ma padre Hanna e i cattolici della parrocchia latina di Knayeh non vennero espulsi. Non perché fossero simpatizzanti dell’opposizione al regime. Ma semplicemente perché, nella loro inermità, non ostentavano nessuna militanza o contiguità con fazioni politiche. Rispettavano l’ordine costituito. Come in linea di principio sono soliti fare i cristiani, sulle orme di San Paolo.

Nei primi tempi del conflitto siriano, i gruppi d’opposizione anti-Assad etichettati come “laici”, sponsorizzati dall’Occidente, hanno provato con insistenza a accreditare mediaticamente la rilevanza di figure isolate di cristiani nei ranghi delle fazioni anti-regime. Personaggi come George Sabra, portavoce dei Syrian National Council ma poco conosciuto in Patria, che in un’intervista dell’estate 2012 già annunciava la prossima fine del regime siriano e l’avvento di una Siria «democratica, potenzialmente laica, riconciliata e libera dall’oppressione». Sul fronte opposto, gli apparati di Assad hanno continuato a giocare la carta del regime siriano «protettore» dei cristiani. Nell’ultima festività di Pasqua, ampiamente ripreso dalla tv governativa, il presidente Bashar al Assad ha voluto visitare Maalula, antica città cristiana appena riconquistata e sottratta ai ribelli, che l’avevano espugnata senza trovare troppa resistenza da parte dell’esercito governativo."


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